Pensare metropolitano
per guardare al futuro

Dalla riorganizzazione della Polis una via d’uscita alla crisi

Dopo molti anni passati a discutere sterilmente di Veneto multipolare, di distretti industriali e di capitale del Nord Est, diventa emblematico il caso di Venezia.

VENEZIA — In un momento di difficoltà strutturale per l’economia, il dibattito sulle città metropolitane, e in particolare sulla Venezia Metropolitana, rischia di diventare un tema secondario, eppure è proprio dalla riorganizzazione della Polis che possiamo trovare una via d’uscita alla crisi.

Troppi gli anni passati a discutere sterilmente di Veneto multipolare, di distretti industriali e di capitale del nord-est, specie quando la partita sembrano averla giocata e vinta Lubiana e Capodistria. Troppi gli anni nei quali Venezia rischia di restare senza una legge speciale, e troppi i piccoli comuni stretti tra il patto di stabilità e la loro esigua dimensione.

Oggi più che mai serve ampliare la scala del ragionamento, d’altronde sono le stesse opere infrastrutturali a darci l’esatta consapevolezza del nostro territorio: se da una lato il Passante è stato un buon esempio di concertazione fra Regione e singoli comuni, non è detto che tale buon periodo continui anche nel caso della TAV, e sempre di più servirà istituzionalizzare questa nuova forma di collaborazione.

Anche la «Venezia da mare» non sta di certo ferma, se verrà (come speriamo) vinta la scommessa del porto offshore dovremo iniziare a chiederci a quale territorio corrisponda e magari se sarà in grado di invertire l’attuale trend delle aziende della provincia di Treviso che scelgono Anversa quale sbocco a mare.

Anche il rapporto dell’Ocse del 2008 sembra confortare il ragionamento, indicando la governance unica con Padova e Treviso la via per gestire un territorio che per dimensioni e livelli di produttività è paragonabile alle grandi capitali mondiali, una scelta che avvantaggerà in primis Venezia vittima come sappiamo di una capacità reddituale inferiore alle altre province.
Non solo, la governance metropolitana servirà inoltre a limitare il fenomeno negativo provocato dall’impatto della «popolazione pendolare non residente» (cs. city users) che non essendo contribuenti vanno a pesare sui servizi e quindi sul bilancio comunale per un buon 20%.

Una sperequazione questa, facilmente mitigabile all’interno di un territorio più vasto specialmente in ragione della dimensione odierna dei servizi pubblici locali (nettezza urbana, servizio idrico integrato e la fornitura di gas ed energia) già oggi sconfinanti la stessa provincia e in grado di disegnare una città di oltre 600.000 abitanti.

Molti altri sarebbero i punti di natura economica che danno ragione ad una Venezia Città Metropolitana, che sappia salvaguardare le singole realtà municipali tutelando i diritti dei suoi cittadini: dall’istituzione di una polizia urbana metropolitana, ad una migliore ripartizione delle spese per l’istruzione ad un minor costo/abitante per i servizi sociali, certi però che tale necessità dipenderà dalla capacità di creare quel necessario humus che un documento fondamentale come il PAT deve assolutamente anticipare.

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