Non soffro più le pene
per colpa del pene

La notizia è di quelle ghiotte. Negli Stati Uniti, al termine di una delicatissima operazione chirurgica durata quindici ore, magistralmente condotta dall’eccellentissimo professor Curtis L. Cetrulo (non è uno scherzo, si chiama proprio così), è avvenuto con successo il primo trapianto di pene. A beneficiarne, un bancario sessantaquattrenne di Halifax, Thomas Manning. L’uomo, che si era visto asportare l’organo dopo un tumore, adesso è raggiante.

«Voglio tornare ad essere com’ero», ha dichiarato dal suo lettino di ospedale subito dopo l’operazione. I sanitari che lo hanno in cura, pur ammettendo di «muoversi in territori ancora in esplorati», lo hanno rassicurato che non soffrirà più le pene per colpa del pene ( John Holmes, Elio e Le Storie Tese). Nel giro di qualche settimana tornerà a fare pipì, e più o meno nelle stesse settimane («o forse mesi», qui i medici sono più prudenti), potrà anche riprendere ad avere dei rapporti sessuali.

Magnifico. Già. E forse anche senza bisogno dell’aiuto del Viagra. Certo, qualche interrogativo comunque se lo porrà, prima o poi, il signor Manning. Specialmente quando, al chiuso della sua cameretta, si guarderà quel suo nuovo coso, e sicuramente con una certa curiosità. Come per ogni donatore, infatti, l’identità rimane ignota. Anche per i donatori di pene. Chi saranno poi i donatori di pene? Quale uomo può essere tanto bizzarro da privarsi volontariamente e a cuor leggero del suo gingillo preferito per regalarlo a un altro? Solo un morto, forse.

Infatti. I sanitari dell’ospedale di Boston, prima che si scateni un turpe mercato di peni in vendita come successe per i reni, fanno sapere ufficialmente che il pene impiantato a Mister Manning appartiene, o meglio apparteneva, a una persona deceduta. Logicamente, per il rispetto dovuto alla privacy, non rivelano le cause della morte di questa persona, né l’età che aveva.

Perciò è facile immaginare che Mister Manning, prima o poi, si chiederà se il suo nuovo pene è più giovane o più vecchio di quello che aveva. Lo scruterà, e la risposta l’avrà, inevitabilmente, dalle sue reazioni (sue del pene, intendo). Senza contare che, ancor prima, sarà l’occhio a volere la sua parte. Il pene nuovo sarà più lungo di quello che aveva, o più corto? Nel primo caso, probabilmente se ne rallegrerà. Nel secondo, non si risparmierà qualche mugugno.

E di che colore sarà? Qui è lecito aprire sin da subito un dibattito, che si intuisce difficile, anche non privo di asperità ideologiche, politiche e razziali, e di non semplicissima soluzione. La domanda delle cento pistole è infatti la seguente: sarà lecito impiantare un pene nero su un uomo bianco, e viceversa un pene bianco su un uomo nero? Il buon senso popolare suggerirebbe di evitare la seconda soluzione, privilegiando senz’altro la prima. Ma ogni opinione è lecita su terreni minati di questo tipo.

Anche perché i problemi non finiscono qui. C’è quello, per esempio, delle abitudini inveterate, e in quanto tali praticamente impossibili da dimenticare come da cancellare. Quali trascorsi avrà avuto il pene impiantato? Voglio dire, nella sua vita precedente, quali orribili o magnifici orifizi avrà perlustrato? E di quale natura? Cioè, gli saranno piaciuti gli uomini o le donne? I seminaristi o le bimbette? Gli animali da cortile o le sbarre roventi del termosifone? E in quali pratiche si sarà specializzato?

Infine, tutto questo vissuto, influenzerà, e quanto influenzerà, se influenzerà, il nuovo padrone del pene? Voglio dire, per fare un esempio, se il pene impiantato apparteneva a un signore omosessuale, il suo nuovo padrone, mettiamo che sia eterosessuale, verrà indotto dalle tendenze del suo nuovo pene a diventare anch’egli omosessuale?

A queste domande la scienza non ha dato ancora una risposta.

LA PAGELLA
Thomas Mannig, Curtis L. Cetrulo: voto 8
John Holmes, Elio e Le Storie Tese: voto 9

John Holmes in marina, da ragazzo (fonte: www.hmshood.com)

Non soffro più le pene per colpa del pene