Nel parco delle statue
abitate dai gabbiani

Un fenomeno sempre più inquietante

Al parco pubblico Muzio de Tommasini a Trieste, le statue dedicate a uomini illustri della città nel campo della cultura, sono ricoperte dagli escrementi lasciati dai gabbiani che le «abitano» praticamente in permanenza. I volatili affamati, in cerca di cibo, stanno diventando sempre più aggressivi. Attaccano i tavolini di bar e ristoranti e aggrediscono i passanti con panini e patatine in mano. L’allarme lanciato a Trieste e in tutta l’Istria. Allo studio drastici provvedimenti per tentare di ridurli di numero, come la sostituzione delle uova depositate con uova finte. La stessa situazione anche a Venezia.

TRIESTE – A vederli così, perfettamente immobili sopra le teste delle statue, sembrerebbe che facciano parte anch’essi delle sculture. Che siano stati scolpiti da uno scultore bizzarro per qualche bizzarro motivo. Solo se ti avvicini, e loro volano via, ti accorgi che sono gabbiani veri e non statue di gabbiani.

Sono i gabbiani –molti- che hanno preso possesso dello storico parco pubblico Muzio de Tommasini, nel centro di Trieste, e si sono stabilmente insediati –si vede che si trovano benissimo- sopra le teste delle numerose statue dedicate a triestini illustri nel campo della cultura.

Non che vi sia nulla di male, per carità, salvo il fatto che i volti di molte di queste statue stanno diventando praticamente irriconoscibili per via degli escrementi lasciati dai pennuti con grande generosità. E questo non è dignitoso. Quantomeno per la memoria di quegli uomini illustri.

Senza contare che l’invasione dei gabbiani nel centro della città –perché ormai è un’invasione, come anche a Venezia- comincia a creare seri problemi ai cittadini a causa della crescente aggressività dei pennuti, sempre più affamati. L’altro giorno una signora, davanti al tribunale, è stata “aggredita” da un gabbiano che è planato silenzioso alle sue spalle all’improvviso e ha tentato di strapparle con il becco il panino che aveva in mano.

L’allarme gabbiani è ormai ovunque. E ha toccato anche l’Istria, da Parenzo a Rovigno a Cittanova. Sull’isola di Veglia hanno iniziato una dura battaglia per eliminarli, dal momento che la situazione sta diventando incontrollabile, con i volatili che si scagliano, sempre più rapaci, persino sui tavolini all’aperto dei ristoranti. Uno dei maggiori punti di crisi è a Punat, dove si trova una grande discarica a cielo aperto, la Treskavac, che per i gabbiani è un paradiso che ne agevola la riproduzione incontrollata.

Ora stanno cercando di ridurli di numero non solo risanando le aree dove trovano il cibo, ma anche, una volta individuate le zone in cui nidificano, sostituendo le uova degli uccelli con uova artificiali. Un metodo crudele ma efficace, assicura al quotidiano “Il Piccolo”, il presidente dell’associazione “Moj Otok”, Nenad Maljkovic.

Anche al giardino pubblico de Tommasini trovano cibo facilmente i gabbiani, sia per la presenza di molti bambini nell’area giochi che di qualche clochard nelle piazzole più appartate, come di alcuni impiegati in pausa pranzo. Costruito nel 1854, e nell’insieme abbastanza ben tenuto, il parco è un autentico paradiso naturale, con la bellezza di 368 alberi di grandi dimensioni, come platani, olmi, ippocastani, querce, ma anche cedri e altre specie esotiche (Araucaria Araucana), felci, un laghetto, e spazi per la musica, il teatro e il cinema all’aperto, il pattinaggio, gli scacchi, il ping pong.

Proprio la testa di Muzio de Tommasini, sarà che i gabbiani lo sanno, sarà perché si trova in una posizione centrale, è la preferita per la sosta dei volatili. Praticamente non c’è ora del giorno in cui non sia “abitata” da un pennuto. Lui, il cui vero nome era Muzio Giuseppe Spirito de’ Tommasini, ma anche Mutius Ritter von Tommasini nella versione tedesca (Trieste 1794-1879), non sembra prendersela più di tanto. Del resto si trovava a suo agio nella natura. Era un botanico, esperto di flora delle Alpi Giulie, dell’Istria e della Dalmazia. In un catalogo aveva registrato la bellezza di 254 tipi di piante. Ma fu anche un uomo politico. Per conto del governo austro-ungarico fu preside della magistratura civica e podestà del Comune di Trieste. In questa veste decise la costruzione del parco pubblico che poi gli venne intitolato.

Un’altra delle statue preferite dai gabbiani è quella dell’alpinista austro-ungarico Julius Kugy (Gorizia 1858 – Trieste 1944). Di madre triestina e padre goriziano, laureato a Vienna in giurisprudenza, si occupava in realtà di importazione di merci coloniali nell’azienda del padre, la “Pfeifer & Kugy”, ma la sua grande passione era l’alpinismo, al quale dedicò molto più tempo che ai coloniali. Scalò praticamente tutte le vette delle Alpi Giulie, aprendo la bellezza di cinquanta nuove vie. Temperamento eclettico, si occupò anche di scrittura, musica e botanica.

Terza in graduatoria, tra le statue predilette dai gabbiani, quella del poeta Giulio Camber Barni (Trieste 1891 – Albania 1941), considerato l’ultimo poeta del Risorgimento triestino. Fu anche avvocato e militare. Ma viene ricordato soprattutto per le poesie di guerra, contenute nelle raccolte “La Buffa” e “Anima di frontiera”, oltre che per aver dato i natali alla campionessa olimpionica di scherma Irene Camber. Secondo lo scrittore Giani Stuparich, “è forse il solo poeta veramente popolaresco dell’altra guerra. La visse col popolo soldato e la espresse con l’invenzione, la rozzezza, il cuore e la tragicità del popolo”.

“Eravamo avvolti nel fumo –scriveva in “Oslavia”- la polvere ci briacava, le case erano torce, nell’ultima sera di Oslavia”.

LA PAGELLA

Parco pubblico Muzio de Tommasini, Trieste. Voto: 6,5

La statua di Giulio Camber Barni, La statua di Julius Kugy,

Nel parco delle statue abitate dai gabbiani