In morte del clown

Una riflessione d’autore

Di antica e blasonata famiglia circense, Giancarlo Cavedo, cremonese trapiantato a Verona, che con l’esilarante personaggio del celebre clown Cirillino ha fatto ridere più generazioni -viene considerato uno dei maggiori artisti del Novecento- si è scoperto scrittore alla bella età di ottantuno anni, e ha sfornato un delizioso libriccino intitolato «Al Circo, non solo salti mortali», che è una gustosa vetrinetta di personaggi circensi antichi e moderni, con storielle, scritti e aneddoti vari. E’ la sua seconda fatica letteraria dopo «La mia vita sotto il tendone» uscito due anni fa. E non sembra avere intenzione di smettere. Il suo baule di memorie è ancora bello pieno.

Vorrei capire perché l’artista di circo in Italia non trova le attenzioni che il resto d’Europa gli riconosce. Mi emozionavo alla richiesta di autografi che mi facevano in tanti altri Paesi. Perché in Italia no?

Se si vuole trovare il motivo per cui i giochi del circo moderno non hanno richiamato in Italia le attenzioni dei nostri storici e dei cronisti dello spettacolo, si rimane quantomeno perplessi. Henry Thètard scrive della dinastia italiana dei Chiarini , la più antica fra quelle dei circensi.

Perché dunque quegli italiani che lo storico francese pone fra le forze creatrici di espressioni popolari, che vanno dagli acrobati ai buffoni delle fiere, ai saltimbanchi, agli Zanni della commedia dell’arte, ai virtuosi degli spettacoli circensi, hanno avuto tra i connazionali contemporanei un così scarso numero di commentatori?

E’ da credere che fino all’inizio del 1900 contro gli artisti del circo, considerati saltimbanchi, si siano nutrite molte prevenzioni a causa dei loro costumi giudicati da molti cronisti e scrittori, a torto o a ragione, indecorosi. Contribuì forse la poca attenzione prestata dagli elementi delle classi agiate e colte ad uno spettacolo considerato come esclusiva manifestazione di bravate fisiche e di grossolane azioni mimiche.

Non è da trascurare il fatto che in Italia non son o mai esistiti circhi stabili in grado di dare spettacoli circensi continui o periodici, il che avrebbe, per forza di cose, costretto a fissare anche sul circo la curiosità dei più disattenti. Questa è la risposta di Alessandro Cervellati. Io la ritengo abbastanza esauriente.

Ora si sente in giro una domanda, che non è nuova e che mi fa pensare. Ci si chiede: “il clown è morto?”. Se è vero che questa domanda fu posta per la prima volta duecento anni fa, non appena Joey Grimaldi, l’inventore della maschera, si ritirò dalle scene…

Sappiamo che da allora è stata ripetuta da scrittori, musicisti, poeti, giornalisti. Tutti al capezzale di questo “ipotetico eterno moribondo”. Comunque ne sono certo, il clown morirà con il circo. Ma fino a quando vivrà il circo? Alcuni imbonitori nel salutare il pubblico a fine spettacolo dicevano: “finché ci saranno bambini al mondo, il circo vivrà”.

Ma stiamo vedendo che mondo lasciamo a questi bambini? Bambini a cui viene privata la fantasia, la manualità nel crearsi l’oggetto desiderato, bambini in cui si svilupperà un cervello che potrà contenere una conoscenza di gran lunga superiore all’attuale, bambini che sapranno spingere tutti i bottoni di questo mondo mandando così in malora l’armonia di quel corpo meraviglioso che con fatica manteniamo.

A cosa serve tanta conoscenza in un corpo privo della bellezza, privo dell’ardimento e della forza fisica? Che soddisfazioni materiali potrà provare quest’uomo di domani? Se fosse per me, il Circo Equestre con Acrobati, Clown e Animali compresi, lo obbligherei a vivere eternamente, sperando continuasse a trasmettere quel “valore” che possiede, anche nel futuro.

Sono utopico, lo so! Ma per questi ultimi anni che mi vedono in vita, lasciatemelo sognare.

(tratto dal libro “Al Circo, non solo salti mortali” di Giancarlo Cavedo)

Joe Grimaldi, considerato il primo clown della storia …

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