Le mille facce del maiale

La mirabile collezione suina di Renzo Battaglia

Porco mondo. Siamo passati dalla sagra del mas’cio dal sapore culinario alla mostra del maiale proposta attraverso un ben più variegato e gustoso collezionismo destinato ad illustrare i mille volti del porsélo, a torto considerato fin dal Medio Evo l’archetipo della bestia immonda «che scava continuamente la terra insudiciata col grugno per ricavarne nutrimento».

PADOVA — A rendere giustizia di questo animale che ha sempre suscitato impulsi ambivalenti, sono i recenti studi sulle abilità cognitive ed empatiche dei porcellini: appaiono comunicativi, amano le coccole, sanno distinguere la diversità dei rumori e degli oggetti, possiedono un’intelligenza addirittura superiore a quella del cane e vantano un’abilità ludica che ritroviamo in un bambino di tre anni.

Per capire l’importanza del maiale nella storia del mondo vi consiglio di dimenticare per un giorno la porchetta e visitare la mostra a lui dedicata, inaugurata il 7 giugno scorso all’ex Macello di Padova, via Cornaro 1b, e che rimarrà aperta al pubblico fino al 6 luglio 2014, dalle 15 alle 19, lunedì escluso. L’ingresso è libero.

Lo stravagante possessore di questa rara e copiosa collezione maiala è il medico dentista veneziano Renzo Battaglia, una vita passata a raccogliere non solo decine di migliaia di oggetti d’uso comune provenienti da ogni parte della terra che si rifanno al suino, rappresentato in variegate forme: spazzole, piatti, salvadanai, bicchieri, scarpe. giocattoli, stampe, cravatte, rossetti, soprammobili, libri, foto, gioielli e anticaglie e non finire.

La mostra propone solo una parte della ricchissima collezione di Battaglia, custodita nella sua casa e nel suo studio al Lido di Venezia in via Sandro Gallo. Ai pazienti che per la prima volta hanno messo piede in quel gabinetto dentistico,è sembrato d’entrare in un museo, secondo per qualità e quantità solo a quello di Stoccarda.

Ad impreziosire la collezione ci sono però sculture e dipinti realizzati (anche su incarico del lungimirante odontoiatra lagunare) da affermati artisti contemporanei quali Jacques Villegré, Vanni Cuoghi, Ugo Nespolo, Francesco Musante, Robert Rauschenber (uno dei padri fondatori della Pop Art, al quale la Biennale di Venezia assegnò nel 1964 il gran premio per la pittura), Bernard Aubertin, l’artista cinese Chen Wen Ling e il veneziano di Dorsoduro Gianmaria Potenza, graffiante pittore su legno e velluto, lacca e ceramica nonché estroso incisore su vetro, cemento e metallo.

Significativi a livello storico e sociologico sono pure i manifesti che reclamizzano la figura del porcello nonché timbri e i segnalibri d’area italiana del XVIII e XIX secolo.

Colpisce anche la varietà dei materiali usati nelle opere esposte: bronzo, legno, avorio, ambra, vetro soffiato di Muraro e preziosa giada cinese. Non mancano le chicche, come il poema eroicomico La Troja rapita, scritto nel 1662 da Loreto Vittori di Spoleto e dedicata al granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici facendo il verso alla Secchia rapita.

E poi una sfilza di riconoscimenti.

Come quello, all’ingresso della mostra, che ricorda il Primo Premio Maiale Storico 2002, in cui un porcellino con tovagliolo che gli pende dal collo e gagliardetto rosso al suo fianco accoglie i visitatori con aria birichina. Non mancano i quadri allusivi. Uno dei più spiritosi lo propone la pittrice Sonia Solagna, disegnando un maiale che con voluta nonchalance mette una zampa appena sotto la coda della scrofa per sentirsi dare del porco!.

Via con la storia. La gogliardistica di Battaglia nasce nel lontano 1972, fin dai tempi dell’università. La scintilla del collezionismo scatta quando un’amica gli regala due magneti plastificati in guisa di porcellino. Quelle immagini lo riportano ai tempi dell’infanzia, a Santo Stefano di Cadore e alla sua montagna natia, dove l’uccisione del maiale non veniva considerata una violenza ma un evento.

I suoi ricordi ripescano le immagini della festa di Ognissanti, quando arrivavano i venditori con le ceste in vimini cariche di maialini, poi allevati fino all’inverno successivo per venire sacrificati sopra una slitta.

Nel 1976 sono già cento i pezzi della raccolta. E per il suo matrimonio fanno il loro ingresso trionfale le bomboniere a forma di maiale che lasciano gli invitati a bocca aperta. A quel punto il dottor Renzo si vede costretto ad ammettere pubblicamente il suo debole per il mas’cio da collezione. Di qui la decisione di trasferire il suo museo nello studio dentistico del Lido. «Da allora chi entra col mal di denti pensa d’aver sbagliato porta» commenta divertito Battaglia, anima e mente di questa mostra, curata da Carlo Silvestrin autore anche del catalogo con tutte le opere esposte.

I visitatori guardano con attenzione l’area del giocare col maiale, dove sono in bella mostra costumi e giocattoli quali il salto della corda che ha come protagonista un porcellino meccanico. I bimbi sgranano gli occhi anche davanti a trenini e mattoncini in lego.

La collezione vanta pure tremila cartoline d’epoca ed un numero copioso di gadget: colpiscono soprattutto gli occhiali a forma di maialino. E partendo dal mas’cio affiorano altre sorprese, altre sembianze…porche: abat-jour, tappettini, gemelli, spille da cravatta, accendini, portachiavi, rossetti e via proponendo.

Desta curiosità il gioco dei porcellini, con almeno due giocatori di sesso opposto, dove fa capolino l’immagine della fortuna da cogliere tra le mille facce della maiala. Fra i tanti quadri esposti eccita la fantasia l’allusivo dipinto di Franco Baldisarutti che ritrae avvenente donzella con faccia da maialina. Fanno tenerezza i maiali in bicicletta proposti da Harry Marinsky. mentre Ciro Palumbo immagina un porco con le ali che vola.

Francesca Rodighiero va invece sul bucolico, immaginando bimbo sul prato che gioca con oca e porcellini, mentre sullo sfondo (vedi legge del contrappasso) s’intravvede negozio di lingerie. Svetlana Smyshyayeva interpreta in chiave libidica la mitica Marylin Monroe dai capelli al vento mentre cavalca un suino. In pork store di Ugo Nespolo vengono riassunte con sagacia le varie simbologie legate a questo animale così diffuso in tutto il mondo eppure sconosciuto nella sua vera essenza. Non poteva certo mancare il maialino gonfiabile degli anni che furono.

Fanno pure sorridere i titoli proposti dagli organizzatori delle varie mostre sul maiale: si va da porco mondo a suinamente bello, per poi passare al cantilenante porco su….porco giù coniato in occasione di una mostra-incontro tra collezionisti.

Renzo Battaglia puntualizza che questa ricchissima collezione non è sottesa a qualche fine specifico. È nata per caso e si è arricchita col passare degli anni limitandosi a raccogliere tutto ciò che aveva un qualche riferimento al maiale, sia a livello di oggettistica che di quadri, sculture e stampe. Si tratta in gran parte di oggetti di uso comune avuti in regalo da amici, conoscenti e clienti.

Proprio perché germogliata attraverso una crescita spontanea e non indotta,
si possono cogliere dall’insieme della mostra gli elementi necessari per recepire come l’uomo abbia avvertito l’esigenza di esorcizzare il senso di colpa, ma nel contempo anche di vicinanza con questo animale, facendo emergere soprattutto l’immagine pietistica dei «siamo tre poveri porcellin e mai nessuno ci dividerà» piuttosto che porre l’accento sulla crudele realtà dei processi produttivi a larga scala.

Viene rimosso ciò che ogni giorno avviene negli allevamenti di suini, relegati in spazi ristretti, allontanati prematuramente dal calore materno, castrati, sottoposti al taglio della coda senza anestesia, messi all’ingrasso forzato, stipati nei camion e spediti ai mattatoi per nutrire con le loro carni milioni di persone.

A queste immagini tenute volutamente nascoste si preferisce proporre ai mass media l’ipocrita empatia dei maialini teneri e felici. Eppure un suino di poche settimane impara il suo none e risponde ai richiami. E quando il mas’cio viene privato delle sue esigenze naturali, sviluppa atteggiamenti nevrotici che, in taluni casi, si possono tradurre in mutilazioni e autolesionismi. Eppure l’immagine del maiale ha continuato nei secoli a venire demonizzata.

Sentite cosa recita uno scritto medioevale sulla scrofa: «La troia è una femmina lasciva, priva di bile: i suoi porcellini sono più numerosi delle sue mammelle. Essa mangia sovente sozzure e carogne, talvolta le piace addirittura divorare la carne dei figli…».

Verso la fine del Medio Evo le enciclopedie e le opere di agronomia usano accenti più sfumati poiché vedono nel maiale un animale utile a fornire non solo carne e sangue ma ogni sorta di altri prodotti derivati dalle ossa, dalle setole, dagli orecchi, dagli intestini, dalla pelle o e perfino dalla vescica.

Anche oggi è così.

Fra tutti gli animali domestici nel mondo, i maiali risultano i più giudicati nell’ambito dei processi intentati per danni. Prevalgono su cani, gatti, cavalli, bovini e ovini. Finiscono in tribunale non solo per incidenti provocati dal loro vagabondaggio, ma anche perché vengono percepiti come le beste più vicine alla specie umana.

Un vecchio manifesto esposto nella mostra all’ex Macello di Padova, scritto in francese e che ha come riferimento Marsiglia, Parigi e Losanna, avverte: «Le persone coscienti della loro responsabilità non mangiano quelli che hanno gli occhi».

Svetlana Smyshlyayeva, senza titolo (www.svetarte.com).

Le mille facce del maiale