La strada
dei teatri
Come nell’Ottocento
Resistono sei teatri, uno accanto all’altro, tutti perfettamente funzionanti, nella storica Rue Gaité, a Parigi, nel quartiere di Montparnasse. E ve ne sono altri tre a pochi metri di distanza. In totale, nove teatri in un fazzoletto rinverdiscono i fasti della Belle Epoque a dispetto delle difficoltà del presente. In scena al leggendario Bobino, tempio del varietà d’altri tempi, un bizzarro spettacolo di teatro-circo contemporaneo, «Confessioni in cucina», della compagnia canadese «Les 7 Doigts». Dove tra danze e acrobazie si cucina davvero per il pubblico. I sette artisti in scena, acrobati e danzatori, sono formidabili. E’ l’impianto dello spettacolo che non convince.
PARIGI – Vi sono città, come Berlino, che cambiano continuamente, e che trovi diverse ogni volta che ci ritorni. Vi sono città, come Parigi –stiamo parlando di grandi capitali europee- che invece non cambiano mai, o cambiano pochissimo, e rimangono sempre uguali (o quasi) a sé stesse.
Difficile dire cos’è bene e cos’è male. Dipende dai gusti, naturalmente. Perché dove c’è il cambiamento, c’è curiosità e ci sono novità (anche se non sempre piacevoli). Dove invece il cambiamento non c’è, rimane quella sensazione piacevole e rassicurante di ritrovare luoghi e ricordi familiari. E comunque mantenere storie e tradizioni importanti. Per dire, a Parigi sarebbe un vero peccato non ritrovare i bistrot (in realtà molti sono scomparsi), la brasserie Lipp (ma la cucina è decaduta, la mitica tartare arriva già pronta, avvolta nel cellophane), il caffè da Flore e il can can al Moulin Rouge.
Come sarebbe un peccato trovare chiusi i teatri di Montparnasse, uno dei quartieri di Parigi (14° arrondissement) più celebri per gli spettacoli, fin dai primi dell’Ottocento. La sorpresa invece è di trovarne ancora molti di aperti e perfettamente funzionanti, con spettacoli di vario genere, affollati da lunghe code di spettatori anche alle repliche pomeridiane. Per dire, nella storicamente famosa Rue Gaité (un nome che è già tutto un programma) , una fettuccia di poche centinaia di metri tra il boulevard Edgar Quinet e l’avenue Maine, ne abbiamo contati ben sei, uno fianco all’altro, a pochi metri di distanza. E poco lontano, a due passi, ce ne sono altri tre. In totale: nove teatri nove in un fazzoletto. Da stropicciarsi gli occhi.
In Rue Gaité sono in funzione il Theatre Montparnasse, il Petit Montparnasse e quello della Gaité Montparnasse, oltre al leggendario Bobino, al Theatre Rive Gauche e a quello tutto nostrano della Comédie Italienne, dove magari mettono in scena Goldoni e Casanova ma non sia mai che non si reciti in francese (i cugini d’oltralpe mediamente conoscono una sola lingua, la loro). A due passi ci sono il piccolo ma coccolissimo Theatre d’Edgar (in boulevard Edgar Quinet), il Guichet Montparnasse (in Rue du Maine), e Le Petit Journal Montaparnasse (in Rue du Commandant René Mouchotte). Una vera pacchia.
Al Bobino (Bobinò bisogna dire, con l’accento sulla ò), celebre tempio del varietà di una volta, oggi un tantino délabré, abbiamo visto “Confessioni in cucina”, una bizzarra produzione di circo-teatro contemporaneo, messa in scena da una delle compagnie più note di nouveau cirque, i canadesi “Les 7 Doigts” (Le sette dita della mano, vuol dire), un collettivo fondato nel 2002 da sette (appunto) giovani artisti, Isabelle, Shena, Patrick, Faon, Gypsy, Sebastien e Samuel, che hanno al loro attivo molte produzioni di successo.
Loro, quattro ragazzi e tre ragazze, che sono formidabili acrobati a terra e danzatori (non capisci se più acrobati o più ballerini), conoscono bene il loro mestiere, e sanno sorprendere, affascinare e divertire il pubblico. E’ lo spettacolo nel suo insieme che non convince. In scena c’è una grande cucina, vera, che occupa tutto il palcoscenico, e gli spettatori, appena entrano in teatro, vengono chiamati a salire (mica tutti, s’intende, solo alcuni), per aiutare gli artisti a pelare dei legumi. Ci torneranno, sul palco, durante la serata, per mangiare una crepe, fatta al momento, e poi un dolce, al momento del finale.
La cucina è però un pretesto. Un pretesto, dato che è un luogo intimo, in cui da sempre si riunisce la famiglia, un pretesto –si diceva- per dare a ognuno la possibilità di raccontarsi, di parlare di sé. Confessarsi, appunto. E la confessione è a sua volta un pretesto per essere, più che parlata, danzata, e trasformarsi in un quadro acrobatico, spesso di notevole spessore. Applausi comunque convinti.
LA PAGELLA
Les 7 Doigts, “Cuisine & Confessions”. Voto : 6,5