La Passera

Sì va bene è vero ammettiamolo, vi spiego. Essendo che io e il Mauri siamo stati banditi da tutti i tavoli da gioco della costa adriatica settentrionale, compresi gli ex territori della repubblica del nostro leone, e che ci tocca giocare da soli in due a faccetta nera perché nessuno ci vuole al suo tavolo, ebbene: non dovrei io — Andrea Silvestri — dire ciò. Ma è vero che il magrasso è scuola di vita.

Vero. Perché ci hanno banditi da tutti i tavoli da magrasso? Perché in anni e anni di pratica indefessa, persino una tournée tra Brisighella e Faenza ad imparare i rudimenti del confratello gioco del trionfo (e ci hanno banditi anche da là), io e il Mauri non siamo mai riusciti a imparare a giocare. E batti il trionfo, e fuori mi chiamo, e il sette ruba e gioca e tutte quelle robe là: insomma.

Cioè, diciamo, se giochiamo in coppia vinciamo sempre: trattasi di fortuna del principiante estesa ad ogni partita successiva alla prima. Se invece giochiamo separati (tipo ognuno con un altro compagno) ecco che perdiamo subito: tu sei andato in cassone! Ma subito: tipo giocare una scartina quando un altro batte trionfo e tu il trionfo ce l’hai, solo che fai finta di niente. E e e.

E come e come che non è: osterie trattorie dopolavori ferroviari sedi di partiti di sinistra circoli culturali per anziani bocciofile e associazioni del fante e del reduce ci hanno proibito di giocare ai loro tavoli. Massimo bere un’ombra al banco, ma neanche guardare gli altri che giocano perché sennò gli confondiamo la testa.

Però il magrasso è comunque scuola di vita. Più di faccetta nera, se mi è concesso di paragonare le piccole cose alle grandi. Per esempio il Mauri, che è stato anche sindacalista e di queste cose se ne intende, sosteneva che il Papi Berlusconi stava facendo la passera.

I, corri va là, gli ho detto: ma se è milanese cosa vuoi che sappia il Papi del magrasso. Ma no, ti dico, è uscito con il re per vedere dove stava il tre e adesso, tu vedrai, incomincia a battere trionfo. E infatti, neanche una settimana dopo, ecco che Tameghe Monti esce allo sbaraglio e si candida anche lui, con dietro tutti i rosegoti incapaci della alta industria bollita della nazione, che lo spingono.

Che cosa ti avevo detto, ha sottolineato il Mauri ieri in campo della Bragora mentre sotto una pioggerellina fina fina stavamo dietro per andare a bere il primo spritz. E adesso fra poco batte trionfo.

Ma sarà che il Papi Berlusconi, che è milanese, avrà in mano le carte per fare cappotto? Oppure come mi capita spesso a me involontariamente sta facendo la finta di pomi e rischiando il cassone? Secondo il Mauri le carte per il cappotto non ce le ha, ma ormai siamo alla decima mano, e poco gli manca per chiamarsi fuori. Anche se perde gli ultimi giri, adesso sta cercando di spremere il massimo.

Intanto, con questa storia della sesta discesa in campo si è liberato da alcuni effetti collaterali che gli stavano proprio sugli inguini. E la legge elettorale, e la legge sui candidati puliti, e un sacco di altre leggi che erano da fare e non si faranno più, e tutti i processi che adesso gli diventano un attacco personale.

Secondo il Mauri, in oltre (che però il Mauri non si ricorda mai le carte che sono state giocate) il Papi Berlusconi ha sgarusolato Tameghe Monti dal bagnomaria in cui si crogiolava allo scopo esclusivo di farsi nominare ministro, della giustizia per esempio, quando le elezioni saranno finite e lui (il Papi Berlusconi) sarà proprietario di un pacchetto di voti necessario e sufficiente per impedire l’instaurazione del comunismo nel resto d’Italia. Sempre che D’Alema Degheio non riesca a far perdere ancora una volta il massimo dei voti ai suoi.

Auguri! ★

La Passera