La metamorfosi
giapponese

In mostra le immagini della trasformazione del Giappone dopo la Seconda Guerra

Fino al 17 giugno si può visitare al Museo della Fotografia di Berlino un’interessante mostra fotografica dedicata al Giappone degli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale. Una raccolta di oltre un centinaio di immagini, libri, riviste e cataloghi, dei più importanti fotografi attivi fra il 1945 e il 1965. Dalla catastrofe dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki alle Olimpiadi del 1964, eventi che segnano simbolicamente la tragica fine e una diversa rinascita del paese.

BERLINO — A metà degli anni 1950 un gruppo di undici fotografi giapponesi si affermò allontanandosi dal giornalismo fotografico cupo che raffigurava la miseria degli anni immediatamente successivi alla guerra, Riunitisi nell’agenzia fotografica Vivo, con sede a Ginza a Tokyo, esaminarono le conseguenze del rapido processo di modernizzazione di massa che imperversava in quegli anni in Giappone, ma anche osservarono più da vicino il trauma della bomba atomica, in una serie di ambiziosi progetti editoriali.

Sono immagini che raccontano molto della tensione dei giapponesi di quel periodo. La pura gioia e il sollievo dei soldati appena tornati a casa, liberi dalla sofferenza della guerra (Tadahiko Hayashi, Soldati congedati, Stazione di Shinagawa, Tokyo 1946), agli sguardi dei bambini che assistono al teatrino dei burattini (Ken Domon, Bambini che assistono al teatro dei burattini, Tokyo 1953), mostrano anche lo spirito del tempo verso la società giapponese: la pura curiosità, la confusione, l’ansia, la paura, e la tristezza; parlano della riflessione della società giapponese sul suo tempo.

Un nuovo incredibile e allegro futuro si apre nella semplice composizione di Takeyoshi Tanuma, Ballerine rimaste sul tetto del Teatro SKD (Asakusa, Tokyo 1949): alle spalle delle due ragazze moderne, che ancora indossano i costumi di scena e sfogliano una rivista che possiamo immaginare di moda o di varietà, si stende una zona di Tokyo con un cimitero: dietro di loro il passato.

E la famosa cupola del Memorial della bomba atomica riflesso al fiume Otha: (Hiroshima 1960-65 © Kikuji Kawada): un simbolo incancellabile nella memoria dell’umanità.

Dopo la Guerra il Giappone si è sviluppato e ha costruito rapidamente una nuova propria società. Il prezzo da pagare è un duro lavoro senza saper riposare; la guerra è finita ma c’è un’altra guerra in corso per i giapponesi: come il padre di famiglia distrutto dalla stanchezza in un assolato giorno di festa con tanto di bandierina nazionale (Tokyo, 1962 © Yasuhiro Ishimoto) o l’atmosfera sospesa della Fine del corso di management in un’azienda di intermediazione finanziaria (Ikebukuro, Tokyo 1961 © Shigeichi Nagano); o la dura fatica nel fango dei campi di riso dell’anonimo corpo di Piantatrice di riso, di Hiroshi Hamada (Toyama 1955 © Keisuke Katano).

Imperdibile la presenza dell’opera di Eikoh Hosoe, realizzata in collaborazione con Yukio Mishima, Barakei: una pietra miliare delle pulsioni decadenti e masochiste dell’immaginario erotico nipponico. L’opera, uscita in prima lussuosa edizione a tiratura limitata nel 1963 fu uno scandalo mondiale, un po’ capolavoro fotografico iconoclasta, un po’ surreale autoritratto autocelebrativo e mitologico del celebre poeta e scrittore giapponese in poco più di quaranta immagini potentissime (nella galleria: Barakei, n. 16, 1961 © Eikoh Hosoe).

La mostra presenta anche una sala speciale di immagini di fotografi statunitensi, una generosa donazione alla collezione della Biblioteca d’Arte della fotografia, raffigurante il lancio della bomba atomica sulla città di Hiroshima e dei test atomici nei deserti americani e le isole del Pacifico. La selezione è supportata da fotografie di Yosuke Yamahata, che ha documentato la distruzione di Nagasaki nell’agosto del 1945, appena un giorno dopo l’attacco nucleare.

È stata organizzata dalla Fondazione del Giappone in collaborazione con la Biblioteca d’Arte — Musei Statali di Berlino, e sostenuta dal Centro giapponese-tedesco di Berlino. ★

La metamorfosi giapponese