La forza
dell’amore

Ritratto di una splendida protagonista

Un profilo di Lou Salomé, ammaliante testimone dell’alta intellettualità a cavallo tra Ottocento e Novecento, fascino e malia del cervello femminile e dei cuori maschili. Un perfetto personaggio d’opera.

«Non so vivere secondo un modello e non potrò mai servire da modello ad alcuno; invece, quel che farò sarà vivere la mia vita come mi piace, qualunque cosa accada. Non ho principi da sbandierare, ma qualcosa di assai più prezioso, qualcosa che sta dentro di noi, che brama solo a vivere e sa gioire, e preme per uscire alla luce».

L’unica sfortuna di Lou Salomé, l’affascinante angelo sterminatore di cuori intellettuali a cavallo tra Ottocento e Novecento, è stata di nascere donna. Per ciò, di tutto quello che ha scritto, fatto e pensato, ci rimangono in realtà solo le impressioni deliranti di intellettuali perdutamente ammaliati. Difficile capire la personalità di un essere umano attraverso la lente deformante del pensiero di Friedrich Nietzsche o di Sigmund Freud, per citare i due più titanici esponenti tra gli uomini da lei soggiogati. O magari attraverso i suoi scritti, se in più questi provengono da un’epoca decisamente fuori misura in ogni suo aspetto come i decenni vissuti da Salomé. O peggio ancora attraverso le rielaborazioni pruriginose su di lei condotte per tutto il secolo scorso probabilmente a causa dell’evangelica omonimia con la principessa danzatrice decapitatrice; che però (occhio!) ha l’accento dall’altra parte: Salomè. Saltando le agiografie femminili, per carità.

«La donna deve assoggettarsi all’uomo con umiltà, spontaneamente e prontamente» almeno è quanto scrisse ella stessa nel saggio «L’umano come donna». Sarà. Non pare proprio che sia andata così. Il catalogo delle vittime è parecchio lungo e comincia a sedici anni, con il precettore Hendrik Gillot, pastore protestante, che nella casa paterna a San Pietroburgo istruisce l’intelligente fanciulla su filosofia, letteratura e teologia fino a restarne talmente confuso da abbandonare moglie e figli e chiederla senza esito in matrimonio.

Con «l’intelligenza di un’aquila e il coraggio di un leone» (come diceva Nietzsche) Lou Salomé rimarrà vergine fino a trentasei anni, nonostante le molteplici convivenze con poeti e filosofi e un matrimonio, espressamente in bianco, con il linguista iranista Friedrich Carl Andreas, che venne commesso nel 1887 e fu alla lontana la causa del suicidio del timido filosofo Paul Rée. Nel 1902 rimase anche brevemente incinta di Friedrich Pineles, un fisico viennese con cui sperimentava il congiungimento carnale.

A cinquant’anni, dopo aver conosciuto Sigmund Freud divenne giocoforza psicoanalista: «Caro professore…la ringrazio con tutto il cuore di avermi trascinata in questa follia; immorale qual sono, traggo sempre il più gran piacere dai miei peccati». Secondo Carl Jung — che la cita — diventò oltre che allieva e collaboratrice fedele anche amante di Freud. Ma sappiamo quanto sono malelingue gli intellettuali, i filosofi e gli psicologi, soprattutto quando non corre buon sangue tra loro.

Inevitabilmente, dato il maestro, i suoi saggi specialistici trattano gli argomenti preferiti dello scomodissimo padre della psicanalisi: «La materia erotica», dedicato al complesso edipico femminile, o «Il tipo femmina» sul narcisismo, appunto femminile. Molti altri si trastullano inesorabilmente, e senza pregio, con gli aspetti più esilaranti del pensiero freudiano sull’anatomia eroticopsicologica, anche po’ acrobatica, degli esseri umani.

Fu però poco prima di conoscere Freud, che in un saggio «Sull’erotismo» Lou Salomé scrisse una sintesi utile a capirne lo spirito: secondo lei amore sessuale, creazione artistica e fervore religioso sono tre aspetti differenti della medesima forza vitale. Nella quale spiritualità e sensualità, corpo e anima si risolvono in perfetta unità. Pensiero non proprio elevato ed innovativo ma decisamente confortante per capire almeno un poco la sua vita. Perfetto per riscriverne la biografia in chiave operistica, dove si sa, i grandi sentimenti e le grandi personalità sono indispensabili.

Nata nella splendidamente zarista San Pietroburgo nel 1861 da una ricca famiglia d’origine francese impegnata con profitto nel commercio dello zucchero, Lou von Salomé (in Andreas) morì nel 1937 a Gottinga a settantasei anni nel sonno, nella Germania turpemente nazista. Il mondo stava cambiando e sarebbe cambiato sempre di più. Di quel turbinio di filosofi poeti psicologi incantati a scrutare negli abissi, vertiginosamente in corsa tra le capitali d’Europa, furiosamente anelanti a traguardi inarrivabili, molto dediti a stupefacenti e trastulli indecenti, tanto ammantati di concetti e parole tragicamente immensi, di cui Lou Salomé fu musa partecipe e testimone attivo, non sarebbe rimasto più nulla.

Lou Salomé Paul Rée e Friedrich Nietzsche nel 1882

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