Il prossimo
naufragio
della Rete

L’accordo Acta contro la pirateria si rivela un’arma contro la libertà

Per tutelare i pur legittimi interessi di gruppi purtroppo potentissimi, zelanti legulei stanno preparando leggi inconsistenti ma molto pericolose. Negli Usa sono alle prese con Sopa e Pipa; qui in Italia con l’emendamento Fava (per ora cassato). Ma più di tutti vale l’Acta; per esempio perché in totale disprezzo della Costituzione (articolo quindici): «La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge». Cerchiamo di capirci qualcosa.

Ogni volta che il mio smartphone squittisce orribilmente e sul display compare ‘Berto’, so che all’altro capo del filo virtuale ad attendere fremente la mia risposta c’è il direttore editoriale del Ridotto, probabilmente accompagnato dall’inseparabile direttore responsabile.
«Cara signora, come sta?» esordisce il direttore, riportandomi di colpo dalla frenetica vita capitolina alla mia amata Venezia. «Vuoi scrivere il suo primo pezzo per il Ridotto?», dice. «E su cosa?», dico. «Non lo so, non ho capito niente! Roba di internet e di censura. Ti spiega tutto il nostro direttore responsabile, che se ne intende». Il mistero si infittisce.

«Sai cos’è Acta?». «Certo» dico, ma il tremolio della mia voce è inequivocabile e nulla sfugge al direttore responsabile. «Se non sai cos’è non sei obbligato a dirmi di sì. Acta è un accordo internazionale anti pirateria portato avanti segretamente da multinazionali e governi. Vogliono naufragare la Rete. Quello che vorremmo da te è un articolo scritto in maniera semplice, lineare, strutturato in maniera tale che anche uno totalmente digiuno della materia (come il direttore editoriale) possa comprendere la pericolosità di questo accordo».

Adesso ricordo, avevo già letto qualcosa a riguardo, ma devo ammettere di non essermi mai interessato all’argomento. Confidando però nell’infinita mole di informazioni che proprio la Rete mette a disposizione non ho esitazioni. «Mi metto subito al lavoro, contate pure su di me».
Da dove cominciare se non da Google. La ricerca è durata una frazione di secondo. Digito Acta su Google e in un attimo mi tornano un infinità di risultati. 103 milioni in 0,08 secondi per l’esattezza. Numeri da far girare la testa. In un attimo mi rendo conto che forse il direttore responsabile non esagerava: «vogliono naufragare la Rete».

Comincio a spulciare alcune delle pagine consigliate…ecco, questa è interessante.
Repubblica.it 26 gennaio 2012: «Pirateria, l’Unione Europea firma Acta. Bavaglio al web e alla ricerca medica». Di Alessandro Longo. Faccio copia e incolla:
«L’Unione Europea ha firmato oggi a Tokyo il trattato Acta, un accordo che, secondo i commenti di esperti e attivisti, è un rischio per la libera espressione su internet. Sottoscritto da 40 Paesi — e fortemente voluto dagli Usa, dalle aziende discografiche, da multinazionali come Walt Disney, Sony, Intel, nonché da quelle che si occupano di farmaci e prodotti agrobiologici come Monsanto, Pfizer e GlaxoSmithKline — Acta significa Anti-Counterfeiting Trade Agreement e intende dare nuove armi ad ampio spettro per combattere non solo la contraffazione (di farmaci e vestiti) ma anche la pirateria di musica e film tramite il web…
…L’arsenale predisposto da Acta è variegato. Per esempio, introduce misure e sanzioni contro provider internet e piattaforme che in qualche modo favoriscono la pirateria commerciale. Potrebbe bastare un link verso un file pirata per autorizzare multe milionarie contro Google, Facebook, Youtube. Potrebbe significare che questi soggetti, ma anche i provider di accesso a internet, si dovrebbero mettere a controllare da vicino quello che fanno i propri utenti, per evitare conseguenze…»

Traduciamo per il direttore editoriale: se il Parlamento Europeo ratificasse il trattato firmato a Tokyo, Alessandro Longo, autore del testo coperto da copyright che ho incautamente copiato e incollato, potrebbe pretendere dall’internet provider de Il Ridotto la cancellazione del contenuto rivendicando la proprietà intellettuale dello stesso.
Giusto direte voi, certo ribatto io se non fosse che, grazie ad Acta, Il tutto avverrebbe sulla parola: senza più bisogno, come avviene adesso, di rivolgersi alla autorità giudiziaria.

Facciamo un altro esempio: un blog personale potrebbe essere rimosso, cancellato per sempre, per l’utilizzo di un logo senza autorizzazione o semplicemente per la presenza di link che rimandano ad articoli esterni. Il nostro blogger poi potrebbe essere incriminato per condivisione di materiale protetto da copyright, reato che, oltre a multe salatissime, prevede anche l’arresto.
Insomma per dirla in parole povere Acta potrebbe rappresentare la fine della libertà di espressione su internet e forse la fine della Rete stessa, almeno per come la conosciamo. «Alea I-ACTA est» si potrebbe dire, ovvero il momento delle decisioni irrevocabili è giunto, una vera e propria dichiarazione di guerra alla Rete e all’eccessiva libertà di cui, secondo alcuni, gode.
Un potentissimo conflitto di diritti: se il citato articolo quindici della Costituzione tutela la libertà e la segretezza della comunicazione dei cittadini e le sottopone giustamente al vaglio (se necessario) della magistratura; l’articolo dieci della Costituzione prevede anche che «l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute» come appunto l’Acta. Un problema alquanto spinoso.

Ma gli effetti di Acta andrebbero oltre la Rete, come fa rilevare Fulvio Sarzana (www.fulviosarzana.it), un avvocato italiano che nel corso della sua attività professionale si è occupato principalmente di tematiche legate ai diritti fondamentali e rete internet.
«Acta modifica profondamente i rapporti tra i titolari del diritto d’autore o di privativa industriale (brevetti prima di tutto) e i soggetti che si ritiene stiano violando questi diritti. L’accordo prevede infatti che, in barba alla disciplina in tema di privacy, i titolari dei diritti possano ottenere dai provider i nominativi di chi sta violando i loro diritti, senza passare per l’Autorità giudiziaria.

La norma è stata fieramente avversata dalle organizzazioni dei diritti civili in tutto il mondo per gli impatti che lo stesso accordo può avere in campi distanti dal mondo della rete.
Acta consentirà cosi di ottenere da un Università Africana che sta studiando un vaccino contro l’Aids il nominativo dei ricercatori che stanno lavorando alla creazione di un farmaco generico e di poterli quindi sottoporre a procedimento per violazione di brevetto. In sostanza principio base di Acta è che gli intermediari non possano proteggere i nominativi di chi compie, a loro dire un’attività illecita, trasformando gli stessi intermediari in fonti di informazione privilegiata per perseguire eventuali violazioni».

Ma come sempre quando la Rete è in pericolo il popolo degli internauti si mobilita e mette a punto le contromisure.
Tra queste segnaliamo una raccolta internazionale di firme sul sito www.avaaz.org. L’obiettivo dei promotori era raccogliere 500mila firme da consegnare al Parlamento Europeo. In pochi giorni hanno quasi raggiunto il milione e continuano ad arrivarne. Un segno che i nostri governanti europei non potranno ignorare…o no?

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