Il funambolo ferito
è tornato a volare
Una sorprendente performance di Antoine Rigot dei «Colporteurs» al Festival del Circo Contemporaneo di Roma e al Torino Danza Festival diretti da Gigi Cristoforetti.
ROMA – L’uomo, ancora giovane, è seduto a terra, le gambe distese, la schiena appoggiata a un palo che regge una ragnatela di fili di metallo. E’ vestito con una tuta marrone, di quelle da muratori, che gli lascia scoperte le braccia e le spalle robuste. La scena è in penombra, sembra che stia pensando. Si accarezza lentamente le ginocchia, i polpacci, le cosce. Afferra un lembo dei pantaloni e tira la stoffa, con forza, e la gamba, lentamente, viene dietro alla stoffa, si piega. Lui cinge la gamba con le due mani e se la porta al petto, con fatica. Poi fa lo stesso con l’altra gamba. Adesso le gambe stanno piegate. Ora cerca di alzarsi. Ma sembra che non possa farlo alzandosi semplicemente sulle gambe. Le gambe non sembrano in grado di obbedire ai comandi della mente. Allora alza le braccia dietro la testa, afferra il palo, si solleva, lentamente, anche le gambe si sollevano, ma restano inerti, piegate. Stacca una mano dal palo e le raddrizza. Adesso la sua figura è in piedi, quasi diritta. Con cautela le sue mani lasciano il palo. Adesso è in piedi da solo, senza appoggi, un po’ incerto. Comincia a camminare. Lentissimo. Ora le gambe un po’ si muovono, da sole. Piccoli passi, faticosi, traballanti, striscianti sul pavimento. Riesce a fare qualche metro. A girare lentamente intorno a quel piccolo castello di tubi e di fili di metallo che guarda con occhi adoranti, che tocca, che accarezza con mani da amante. La ragazza che lo stava a guardare, in silenzio, senza muoversi, gli sorride. Porta delle scarpine da ballerina e un tutù colorato. La ragazza sale sul castello e comincia a camminare e a danzare sul filo. Lui cerca di accelerare, per quanto possibile, il suo passo incerto. La segue. Lei cammina sopra e lui sotto il castello. Finché lei gli tende la mano, lui forza il suo pensiero, le sue gambe, il suo fisico malato. Il pubblico sta ammutolito. Non capisce se l’uomo è invalido davvero o se finge. Se quello che vede è la realtà o se è solo teatro. Finché l’uomo riesce a posare un piede sul tubo più basso, a salire, aiutato da lei, su quel piano inclinato, a raggiungere, con grandissima fatica, la vetta del castello, a issarsi, stavolta da solo, nel punto più alto, e poi a camminare di nuovo sul filo, un passetto dopo l’altro, come faceva una volta, quando era più giovane, quando stava bene, quando era il principe dei funamboli, prima di diventare un’acrobata ferito. Allora lancia il suo urlo, un grido di liberazione, di gioia e di disperazione, i suoi occhi si fanno umidi, e il suo corpo malato ritrova da chissà dove una forza inaspettata. Adesso si muove più sicuro, più veloce. Quasi vola. Non è più teatro. Il funambolo ferito è davvero tornato a volare.
È lo spettacolo strabiliante, affascinante e toccante, di Antoine Rigot, della compagnia francese «Les Colporteurs», intitolato «Sur la route», con Sanja Kosonen, per l’ideazione e la regia dello stesso Rigot, andato in scena in prima italiana lo scorso giugno al Festival del circo contemporaneo «Apripista» all’Auditorium Parco della Musica di Roma, per la direzione artistica di Gigi Cristoforetti, uno dei pionieri indiscussi di questo genere, e in ottobre al «Torino Danza Festival», diretto dallo stesso Cristoforetti, nella sala piccola delle Fonderie Limone di Moncalieri.
Rigot è uno degli interpreti più interessanti di quel fenomeno esploso in Francia e denominato «nouveau cirque». Funambolo d’eccezione, capace delle performance più ardite, è stato il fondatore della compagnia «Les Colporteurs», una delle prime e tuttora una delle più importanti interpreti di circo contemporaneo a livello internazionale. Un incidente «brutale e terribile» accadutogli nel maggio del 2000 a conclusione delle tournée di quell’anno, lo aveva praticamente paralizzato, privandolo dell’uso delle gambe. Dopo un lungo periodo in cui, giocoforza, si era allontanato da tutto, ha cominciato a pensare a come tornare in scena. Lui, invalido, lui acrobata ferito. E si è inventato questo nuovo spettacolo in cui non torna a fare quello che faceva una volta, perché non lo può più fare, ma si inventa un altro modo per raccontare una storia. La sua. Per raccontarsi e per tornare a vivere. Ma anche per aiutarci a riflettere. Semplicemente imperdibile.