Il diario

Il terzo capitolo de «L’anno più difficile della mia vita»

Prosegue la pubblicazione per capitoli dell’avvincente romanzo di Giovanni Camali, «L’anno più difficile della mia vita». Il terzo capitolo si intitola: «Il diario», e segue al secondo, «Lacrime vuote», e al primo, «Il trench di Chloé», che potrete comodamente rileggere gratuitamente richiamandoli, con il loro titolo, dalle pagine del nostro archivio elettronico. Ogni mese, in esclusiva per «Il Ridotto», un nuovo capitolo di questa storia appassionante di una psicologa francese in vacanza forzata a Venezia, che alle soglie dei trent’anni vive un rapporto di convivenza tormentato con un trombettista. Una vicenda carica di colpi di scena.

Chloè, indifferente alle minacce della ex moglie di Marco, si presentò comunque al funerale così come era arrivata a Venezia: con il suo trench stretto in vita, capelli dal colore nero corvino, taglio carrè, rossetto rosso Chanel e occhiale da sole dalla grande montatura color tartaruga. Così aveva conosciuto Marco e così voleva che lui metaforicamente potesse ricordarla.

Passai dei mesi veramente bui, vivevo a casa di Marco e dovetti intraprendere un’azione legale nei confronti degli eredi che peraltro non conobbi mai eccetto la moglie, «meggera.» Comunque ero serena da quel punto di vista, a me non interessava nulla del suo patrimonio economico, mi sarebbe piaciuto però, se me lo avessero concesso, di vivere a casa sua, ma dopo sei mesi di tensione, ricevetti l’ingiunzione di sfratto e così me ne andai lasciando tutto agli squali.

In quel periodo di purgatorio però accadde un miracolo. Tra i vecchi libri trovai un diario, lo aprii e la prima cosa che lessi fu: Oggi ho conosciuto Chloè, una ragazza francese stupenda, mi ha letteralmente conquistato per il suo spirito libertino e provocatorio, beh! Non solo, è di una bellezza disarmante, ma è così giovane e scaltra che mi sento in imbarazzo solo a pensarla.

Chloè, si è presentata ad una delle mie prime lezioni. Scattò in me qualcosa appena la vidi, la trovavo quasi stonata con quei suoi tatuaggi disegnati su un corpo così puro, tanto che mi immedesimai nella figura di un artista di fronte ad una tela vergine. «Io di certo non sarei riuscito a profanare quella tela» mi dissi, come avrei potuto aggiungere qualcosa di migliorativo a quanto avevo sotto gli occhi.

Forse lei deve aver intuito fin da subito questa mia fragilità che si scontrava con il rigore e la sacralità della lezione, ma cercai di nascondere il mio sentire. Sapevo di riscuotere il classico fascino del professore, ma non ero a caccia di prede da conquistare e forse fu questo il motivo per cui cascai io nella mia stessa trappola.

Ero talmente incuriosito da quella fresca e pulita bellezza che rimasi folgorato dal suo canto da balenottera in amore. Non mi era mai successo di assistere a qualcosa del genere, ma anche se non si fosse così palesemente esposta, sono certo che avrei trovato il modo per rivederla.

L’ho pensata tutta la notte ed ero così in imbarazzo perché continuai anche il giorno seguente a volerla chiamare, senza però compromettermi ed escogitai quello stupido invito. Mi stavo nascondendo. Non volevo ammettere che stavo prendendo una sbandata per una ragazza di trent’anni più giovane di me e quando Chloè annusò la mia trappola mi rifilò una bella stoccata.

L’avevo invitata con la scusa di mostrare la quintessenza della degustazione che lei, a mio avviso, aveva inventato, ma forse le avevo chiesto troppo, forse la stavo presentando come un fenomeno da baraccone, forse aveva ragione. Aveva ragione! «Grazie Prof. È la prima volta che bevo un bicchiere di vino con qualcuno che vorrei aggiungesse qualcosa al mio modo di bere, c’è quasi riuscito!»

Era riuscita a girare le mia parole come in un anagramma e mi sentii con le spalle al muro, perché avrei dovuto dimostrarle quanto mi avesse turbato e quanto ci tenessi a lei. La giovane Chloè si era anche palesemente compromessa e con il suo: «Proviamo col Merlot?» mi tagliò le gambe e mi sentii quasi meschino.

A quel punto non c’era più nessun conflitto generazionale a dividerci, non c’era più nessuna razionalità a fermarmi e quando scivolò fiera fuori dal locale non ci pensai un attimo. Quello era il mio destino! Ho passato una notte splendida con lei, ma ho paura, ho tanta paura di farmi male.

Mi ha invitato a bere qualcosa domani a Santa Margherita con le sue amiche. Ero un po’ perplesso perché mi sarei sentito sicuramente fuori luogo con due studentesse venticinquenni ed una dottorando….

(3-continua)

Pagine di un diario (fonte: isegretidimatilde.com).

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