Il container
dove s’impara
l’arte

Il posto è ai margini della zona industriale di San Stino di Livenza (San Stino, si scrive così per ordinanza comunale, sarebbe Santo Stefano). Siamo in provincia di Venezia, appena a nord del doppio ponte sulla Livenza, a fianco della statale Triestina. Si tratta d’un container di tre stanze più servizi, concesso dal comune ai ragazzi dell’associazione culturale UParte. Davanti e a fianco ci sono i capannoni delle fabbriche, dietro c’è un canaletto di scolo e la vista sulla campagna. Attorno un praticello incolto d’erbacce, che ogni tanto vanno segate.

Ma è l’interno che c’interessa, il cuore pulsante di questo punto d’incontro giovanile in mezzo all’industrial disease. Qui dentro si fa cinema (nel senso che si vede, s’immagina, si progetta seppur nell’esiguità dei mezzi), si fa musica, ci fanno le loro prove ogni sera una quindicina di gruppi musicali, di svariato genere, dal più sperimentale al liscio. Qui la musica s’insegna, anche e soprattutto: tastiere basso chitarra batteria e canto, in attesa di nuove richieste. Qui si fanno corsi di teatro, di disegno e tradizioni folk, per bambini (tanti) e adulti (un po’ meno).
Non parrebbe cosa strana, se fossimo in città, dove alle iniziative di educazione culturale spontanea si riservano le sue belle risorse. Ma qui, in mezzo alla campagna, è un caso isolato, e come tale degnissimo di nota.

Quasi cinquecento iscritti, dai sette ai trent’anni e oltre, per la maggior parte ventenni, o poco più. Gioventù del bel tipo, insomma, comprese le tante mamme simpatiche e gioviali che accompagnano e si vengono a riprendere figli e figlie.

Certo che, a veder la sede da fuori, assomiglia più a un ripostiglio d’attrezzi edili, pensando a tutti qui palazzoni vuoti che ci sono in giro, e che potrebbero riprendere vita grazie a iniziative giovanili utili e pulite come questa. Ma tant’è, a caval donato non si guarda in bocca, anzi, si ringrazia il comune per aver offerto un riparo dal sole aggressivo dell’estate, dalla pioggia e dal freddo, poiché qui l’attività è frenetica per tutto l’anno.

Un presidente giovane, Riccardo, maestro di chitarra, apre la porta e dà il benvenuto a tutti, col sorriso sempre acceso. E spiega, dopo aver raccontato del saggio annuale degli allievi nel teatro del paese, come funziona lì dentro, e lì fuori, per via che una-due volte all’anno su quel prato che circonda il container ci si fanno delle belle feste, con musica panini e bancarelle. Come l’ultima, a metà giugno, con dieci gruppi che s’alternavano a suonare e la piccola potente cucina (appena una tettoia) sotto pressione per dar da bere e da mangiare al flusso continuo di gente. Non solo ragazzi.

Va be’, detto così pare solo un pretesto per fare una sagretta fracassona fai da te, ma standoci lì tutti i giorni si scopre una realtà perlomeno interessante e affatto variegata, per certi versi meritevole di studio approfondito. Uno stimolo per una ricerca antropologica: mezzo migliaio di giovani interessati all’arte (anzi meglio, ad imparar l’arte), in un comune agricolo-industriale di undicimila persone. In una zona, il Veneto Orientale, che non brilla certo per le iniziative intelligenti di spessore riservate ai giovani, e dove va per la maggiore il lamentarsene.

Qui, nel container di UParte, invece si fa. Si lavora, si tenta di capire, si dialoga, si impara, forse — anzi sicuramente — si cresce. E non di rado vengono a provare la loro musica artisti di tutto rispetto: come Clive Bunker (batterista storico dei Jethro Tull), o Andrea De Nardi (che suona con Aldo Tagliapietra, fondatore delle Orme).

La sede, dice sempre Riccardo (aiutato nel suo compito di tener aperto da altri gestori) tra qualche mese si sposterà. C’è un contratto tra comune e ferrovie per adibire a sede dell’associazione la dismessa stazione ferroviaria. Il comune ci investirà dei bei soldi per ristrutturarla. Quindi addio vecchio container, che però resterà lì, assieme al prato per le feste.
Qualcuno ha capito, insomma, che ai giovani e alle loro idee intelligenti va dato spazio, e UParte di San Stino ringrazia. Speriamo, ma tanto, che la moda si diffonda. ★

Il container dove s’impara l’arte