Guidi senza patente

Non so come vengano trattate le sguattere del Guatemala. Non so nemmeno se vi siano sguattere in Guatemala. E non so se le sguattere del Guatemala vengano trattate in un qualche particolare modo nel loro o in altri Paesi. Non so nemmeno quasi nulla del Guatemala. E non capisco perché si debbano portare ad esempio le sguattere del Guatemala e non quelle del Venezuela o dell’Ecuador. Ma un motivo ci sarà. E l’ex ministra Federica Guidi deve conoscerlo.

Altrimenti non avrebbe detto “tu mi tratti come una sguattera del Guatemala” a quel coso del suo fidanzato, tale Gianluca Gemelli. Forse perché lei ha in casa una sguattera del Guatemala. O conosce qualche amica che ce l’ha. Per la verità, gliene ha dette anche delle altre, al più giovane fidanzato. Tipo: “Non fai altro che chiedermi favori, con me ti comporti come un sultano”. Ma anche: “Io per te valgo meno di zero”. E ancora: “Hai atteggiamenti schifosamente arroganti e umilianti, con un maschilismo da deficiente”. E poi, non contenta: “Ti sei andato a sputtanare centinaia di milioni di euro”.

Cribbio. Pensare che in un primo momento, quando uscì l’intercettazione della telefonata (solo quella) in cui l’ex ministra informava in anticipo il fidanzato che sarebbe stato approvato un emendamento che riguardava certi suoi amichetti con i quali era in affari, lei lo aveva difeso a spada tratta, definendolo “mio marito a tutti gli effetti” in un’incauta lettera al Corsera.

Nei giorni successivi, messa alle strette dalla pubblicazione delle altre intercettazioni, cambiava improvvisamente registro. Un voltafaccia. Il “marito a tutti gli effetti” veniva retrocesso anche dal ruolo di fidanzato. Diventava soltanto un tizio con cui si vedeva di rado, ogni quindici giorni, con cui non viveva assieme né aveva mai avuto l’intenzione di farlo, con cui non aveva società né aziende né interessi in comune. Anzi, avevano conti bancari separati, e lui non le dava nemmeno un euretto per contribuire al mantenimento del figlioletto che chissà come, in un momento in cui si erano distratti un attimo, avevano avuto assieme.

Guarda come il tempo cambia le cose in poco tempo. Da ministra a sguattera del Guatemala in un amen. Curiosa anche la scelta della parola. Sguattera, letteralmente “inserviente di cucina addetta ai lavori più umili e pesanti”, secondo la Treccani, parola derivante probabilmente dal longobardo “wathari”, che significa qualcosa come custode delle acque, è un termine desueto. Che quasi nessuno usa più. E mantiene comunque un significativo spregiativo.

Una sguattera guatemalteca, difatti (vedete che esistono?), si è risentita per l’espressione dell’ex ministra, e ha scritto una lettera di protesta al quotidiano genovese “Il Secolo XIX”. Angelina Gramajo, trentennte guatemalteca, che si definisce sguattera e donna delle pulizie, sostiene che l’ex ministra “dovrebbe conoscere meglio le donne del Guatemala”. “Lei non conosce la fatica -scrive- e la voglia di andare avanti onestamente di noi guatemalteche. Abbiamo subìto la guerra e viviamo con la corruzione e il narcotraffico. Meritiamo rispetto”.

Angelina non la cita, per rispetto, ma una sguattera guatemalteca era anche Rigoberta Menchu, domestica, bracciante, migrante, attivista dei diritti umani, Premio Nobel per la pace nel 1992. Lottava per il rispetto dei diritti delle popolazioni indigene.

Dal Guatemala, comunque, dove sguattera si dice “cholera”, fanno sapere che più di tanto non se la sono mica presa. Laggiù, nel paese dell’eterna primavera, come lo chiamano, hanno un vecchio proverbio: “Non ti preoccupare, è solo una macchia in più sulla tigre”.

LA PAGELLA
Angelina Gramajo, Rigoberta Menchu: voto 8
Gianluca Gemelli, Federica Guidi. Voto 4

Donne al mercato in Guatemala (fonte: www,photito,com)

Guidi senza patente