Emozioni e sensazioni

Gli insegnamenti della competizione

Siamo a meno di un mese dall’European Master Games di Nizza. Gli Internazionali di Lignano a fine agosto sono andati bene. Senza nulla togliere al fatto che sono più che contento dell’oro, quello che mi interessava era registrare le sensazioni fisiche e mentali. Un monitoraggio sulla mia attuale condizione. A mio avviso, in palestra, per quanto io dia il massimo, non è mai come in campo di gara. La tensione data dagli arbitri, dagli avversari, dall’ambiente diverso mi rende l’evento sempre unico e insostituibile.

LIGNANO – Ho dovuto prestare molta attenzione alla fase di riscaldamento, mettendoci quasi un’ora e mezza per arrivare al punto di cottura giusto. Particolare cura ho dovuto mettere nel portare soprattutto i muscoli della parte bassa della schiena e delle anche al livello di elasticità che mi serviva. Quando è toccata la mia categoria sono sceso sul parterre.

La prima sensazione è stata piacevole.

Mi sentivo a mio agio.

Guardavo le prove degli altri atleti sentendomi fiero di appartenere a un gruppo che ancora osava, che faticava e non aveva paura di mettersi in discussione.

Appena il nostro tatami è stato libero ho fatto alcune prove. Il tappeto era alto almeno quattro centimetri. Qualcuno era un po’ preoccupato per via del grosso spessore, ma soprattutto perché si affondava non poco. Ho strofinato i piedi, li ho battuti, e fatto qualche salto. No, tutto bene. Stavo entrando nella sfida, e mi piaceva sempre di più.

Nella prima prova, contro un belga, io ho eseguito Kanku-sho. Personalmente, è un kata piuttosto impegnativo, con due salti, cambi di direzione, parecchie fasi di scatto e i due calci laterali. Ho cominciato con l’idea di vedere a che punto del kata avrei avuto un calo di prestazione. L’ho sentito arrivare da lontano. Ho contratto i muscoli dell’addome e rilasciato maggiormente quelli delle braccia. Ho controllato i calci laterali riuscendo a stamparli a un’altezza decente. E’ tutta l’estate che seguo un programma particolare solo per questi. Nelle fasi aeree sono riuscito a staccare da terra deciso, approfittando dello slancio dato dal tappeto più alto, ma sulle ultime tecniche ho quasi visto la Madonna. Comunque, vittoria per cinque a zero. Contro il secondo avversario, un polacco, ho portato Sochin, il kata con il quale ho vinto, a tredici anni, il mio primo campionato italiano nel lontanissimo 1976.

Sono riuscito a tenere con ritmo abbastanza sostenuto, e vecchie emozioni sono riaffiorate. I due kekomi li ho sentiti meglio della prima prova, facendomi salire l’entusiasmo, mentre negli shuto-uke, che in palestra andavano lisci, ho sentito le spalle un po’ contratte. Rilassa, rilassa, rilassa. Passo il turno per cinque bandierine a zero.

In finale mi sono scontrato contro un bravo italiano. Unsu è sempre una grande bella sfida. Ho cercato di mantenermi il più possibile sciolto, con un movimento di gambe rapido ma stabile e una respirazione controllata. L’intento era arrivare nelle fasi finali – le più impegnative – il più lucido possibile. Ci sono quasi riuscito. Dico quasi perché la fatica ha richiesto il suo tributo. Punteggio, cinque a zero. Esito finale del monitoraggio: continuare ad allenare la resistenza alla velocità, ma soprattutto alla fatica, oltre a vari particolari tecnici, soprattutto il mae-geri sinistro.

L’altro giorno sono venuti a trovarmi due vecchi compagni di squadra, nonché grandi amici, Marco e Mauro Giorgio. Wow, sembrava di esser tornati indietro di vent’anni. Loro sono ancora splendidi e reattivi. Per due ore ci siamo collaudati a colpi di kata. Cari Marco e Mauro, grazie di cuore.

Un saluto a tutti.

Il maestro Christian Gonzales y Herrera sul podio agli open…

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