Elogio funebre
del parvenu

Ecco. Non c’è più. Ha dominato con la sua incomoda presenza i salotti d’Europa, ha messo in imbarazzo signore dell’alta società, è stato oggetto di disprezzo, di derisione, di denigrazione, di dispetti e dileggi, ed ora è svanito nel nulla.

Apparso nel gran teatro del mondo a metà dell’Ottocento, il parvenu ha dominato la scena borghese fino alla metà del secolo scorso, poi si è affievolito, ed ora è scomparso. Gli italiani lo chiamavano villan rifatto, pidocchio (o pitocco) rifatto, ma in tale locuzione c’era un che di ciecamente astioso, di stolidamente beffardo, di asinamente classista, tipici dell’alta borghesia o dell’aristocrazia della nordica terraferma italica, che sul palcoscenico europeo del garbo e dell’eleganza ha sempre trovato posto dietro gli equivalenti sociali della Polonia o del Montenegro.

In Francia invece il parvenu era considerato con equanime bonarietà: un bottegaio arricchito, un contadinotto arrivato, di per sé niente di male, anche buffo nella sua bertoldesca ricchezza. Ma d’altronde in un paese che inventò la ghigliottina, e la usò anche tantissimo, le classi sociali si rimescolano facilmente e l’arricchirsi rapidamente non è mai stato un difetto.

Niente di più di una persona di non elevato grado sociale, arricchitasi rapidamente, che mostra atteggiamenti propri dello stato raggiunto, ma che conserva e non riesce a nascondere la mentalità primitiva.

A ben vedere il primo parvenu della storia, prima ancora che la figura sociale e la parola che ad essa si collega prendessero vita, fu proprio francese, quel piccolo generale corso che divenne imperatore portandosi dietro l’intera famiglia, mogli amanti amici compresi, quasi fosse una star del calcio brasiliano.

Da allora, anche se non sempre sono chiamati tali, i parvenu affollarono la storia, il teatro e la letteratura europea: ne trovate tantissimi nelle pagine di Dickens o di Zola.

Il parvenu in realtà non era un arrampicatore sociale, né un arrivista, anche se è indubbio che la molla che lo spingeva era l’autoaffermazione e la brama di denaro prestigio potere. Ma, e ne è riprova la candida rozzezza del suo comportamento, era solo uno che si era fatto da sé e non gli era venuto tanto bene. La dissimulazione, la furberia, il latrocinio, le bassezze criminali di molti rapidi potenti erano aliene dalla semplicità agreste piccolo borghese del parvenu.

Il più limpido esempio di parvenu involontario e totalmente innocente è il personaggio di Elide Catenacci interpretato da Giovanna Ralli in C’eravamo tanto amati di Ettore Scola (1974): «Lei non salisce?».

Oggi il parvenu è definitivamente scomparso. Cioè: ci sono sempre persone che si arricchiscono rapidamente, pochissime di esse (soprattutto in Italia) lo fanno onestamente. Ma più di tutto non ci sono più classi sociali elevate che abbiano degli atteggiamenti propri, e che non siano cialtroni. Solo una terribile inelegante massa di omini e donnine che vestono malissimo, che parlano malissimo, che pensano malissimo, che mangiano malissimo, che vivono malissimo. Così il parvenu è morto, spiazzato dalle classi sociali che lo dovrebbero definire, per opposizione e contrasto.

Dove mai potrebbe oggi pervenire un parvenu, per non venire da dove non sia venuto? ★

Elogio funebre del parvenu