Donne in mostra
al Fortuny
Una lunga primavera d’arte visiva al femminile
Primavera tutta femminile al Palazzo Fortuny a Venezia. Con partenza l’8 marzo (e fino al 14 luglio) cinque mostre eclettiche tra fotografia, pittura, arte del vetro, dedicate a donne d’arte di oggi e del passato. Dalle foto di Dora Maar in Nonostante Picasso ai racconti per oggetti (gioielli e immagini) di Barbara Paganin in Memoria Aperta, passando per le opere in vetro di Ritsue Mishima in Forme; le presenze fantasma dei dipinti di Anne-Karin Furunes in Shadows; e le pioniere fotografe dell’ottocento in Le amazzoni della fotografia.
VENEZIA (l.c.) — Nel sontuoso ed eclettico scenario del palazzetto gotico arredato e restaurato dal geniale Mariano Fortuny (Marià Fortuny i de Madrazo (Granada, 1871 – Venezia, 1949) un percorso tutto femminile per la Primavera del museo veneziano sempre aperto ad esposizione d’arte visiva contemporanea mantenendo intatte le caratteristiche di ciò che fu lo studio preferito al primo piano nobile di Mariano Fortuny (forse il più bel palazzo gotico della città, anche se non si affaccia sul Canal Grande: è a San Marco, tra campo San Beneto, calle Pesaro e rio di Ca’ Michiel; si raggiunge da calle della Mandola, tra campo Sant’Angelo e Campo Manin).
Le mostre
dall’8 marzo al 14 luglio
Dora Maar
Nonostante Picasso
Henriette Theodora Markovitch, meglio nota come Dora Maar, nasce a Parigi nel l907, da padre croato e madre francese. La famiglia vive per diversi anni a Buenos Aires, dove il padre, architetto, ha importanti commissioni. Donna di rara bellezza, di carattere serio e distaccato, nel 1927, di rientro a Parigi, si iscrive all’Accademia di André Lhote di Parigi, dove incontra e stringe amicizia con Henri Cartier-Bresson. Studia presso l’École de Photographie de la Ville de Paris, ma è soprattutto Emmanuel Sougez, fotografo, che la forma negli aspetti tecnici del mestiere. Dora Maar alterna la fotografia sperimentale a quella commerciale. Esegue ritratti, foto di nudi, pubblicità, fotomontaggi e molte fotografie di strada. In particolare queste ultime, forse meno note, sono di grande interesse per almeno tre costanti che le caratterizzano: l’attenzione alle frange marginali della società (scene di miseria e vagabondi, ciechi e storpi), quella per il mondo dell’infanzia e per la vita quotidiana che si svolge nelle strade, nella quale prevalgono il popolare (mercatini, fiere) e l’eccentrico (il negozio di tatuaggi, la vetrina del mago, il canguro di paglia…). Entra a far parte del gruppo surrealista e stringe amicizia con Paul Eluard e André Breton. Di questo periodo sono le opere 29, rue d’Astorg e Le Simulateur. Sperimenta inoltre il fotomontaggio, il collage, la sovrastampa ed espone le sue foto nel 1935 alla Mostra Surrealista di Tenerife e, nel 1936, a Fantastic Art, Dada e Surrealismo di New York, alla mostra Objets Surréalistes alla Galleria Charles Ratton e alla Mostra Internazionale del Surrealismo di Londra. Nello stesso anno, al caffè Les Deux Magots di Parigi, incontra Picasso. Il rapporto tra il pittore, già famosissimo, e la fotografa è burrascoso sin dagli inizi. Quando nel 1943 Picasso la abbandona, Dora Maar sprofonda in una crisi che supererà solo grazie allo psicoanalista Jacques Lacan e al ritorno alla religione. Dora Maar muore a Parigi nel 1997 lasciando un velo enigmatico sulla sua vita e le sue opere. A cura di Victoria Combalia; direzione scientifica, Gabriella Belli; progetto espositivo, Daniela Ferretti.
Anne-Karin Furunes
Shadows
Nei suoi dipinti l’artista norvegese Anne-Karin Furunes (1961) utilizza foto di volti anonimi per indagare sulla personalità e l’identità della persona ritratta. Attraverso un minuzioso lavoro sull’immagine ridotta in scala di pixel, il soggetto si dissolve in un ordine astratto di punti, divenendo ai nostri occhi una presenza-fantasma, incorporea, quasi immateriale, dipendente dai movimenti dell’osservatore e dal gioco della luce. In Shadows l’artista prende spunto dai ritratti di alcune figure femminili che hanno popolato i saloni di Palazzo Pesaro degli Orfei e più volte sono state fotografate da Mariano Fortuny. Liberate dall’oblio del passato le anonime immagini ci accolgono nello spazio della casa museo.A cura di Anne-Karin Furunes e Elena Povellato
Progetto espositivo Daniela Ferretti. Con il contributo di OCA (Office for Contemporary Art Norway) e Ambasciata di Norvegia.
Barbara Paganin
Memoria Aperta
25 gioielli 25 spille 25 racconti
Gioielli-racconti che prendono spunto dalle emozioni del proprio passato ma che subito si aprono al mondo esplorando nei ricordi degli altri. Elementi tangibili di una memoria presa in prestito: miniature di ritratti ottocenteschi, animali portafortuna di porcellana, topolini, ippopotami, conigli, elefantini di avorio, una piccola bussola, una regina degli scacchi… È la prima volta che l’artista veneziana Barbara Paganin (1961) sceglie di inserire in maniera sistematica elementi estranei e objets trouvés nelle proprie opere. Il lavoro parte dalla ricerca tra le botteghe antiquarie di Venezia a caccia di quei piccoli oggetti, da poter immaginare un tempo conservati gelosamente in uno scrigno di bambina. La memoria degli altri si fonde perciò con quella personale dell’artista. Ogni spilla racconta una storia, che ciascuno può immaginare diversa, adattandola alla propria memoria, al proprio ricordo. Le 25 opere sono pensate come un corpus unico sul quale l’artista ha lavorato continuativamente negli ultimi due anni per presentarle tutte insieme a Palazzo Fortuny. A cura di Valeria Accornero.
Ritsue Mishima
Forme
L’artista Ritsue Mishima (1962) si ispira alle forme della natura, ai riflessi di luce: i suoi vetri sono trasparenti, incolori, trasmettono una sensazione di purezza e luminosità, catturano ed espandono la luce e i colori dell’ambiente circostante. L’artista pone molta attenzione allo spazio in cui colloca le sue opere e il gioco delle trasparenze e dei riflessi produce per il medesimo soggetto infinite varianti visive. La tradizione millenaria dell’arte del vetro di Venezia, mediata dalla cultura giapponese di Mishima, si traduce in opere che compongono un alfabeto estremamente contemporaneo. In questa mostra sono presentate le sue ultime creazioni, frutto di un’attenta indagine sul modus operandi di Mariano Fortuny. Progetto espositivo di Daniela Ferretti.
Le amazzoni della fotografia
dalla collezione di Mario Trevisan
Un settore culturale dove le donne eccellono suggestivamente, rispetto all’apparato maschile tradizionale, è certamente quello della Fotografia, che oggi conta centosettantacinque floridi anni, dopo l’invenzione meravigliosa di Daguerre. Tra le più grandi figure della storia della fotografia, risaltano, in primis, autori come Julia M. Cameron, negli anni ‘70 dell’Ottocento e poi Margaret Bourke White, Lisette Model, Diane Arbus, Vanessa Beecroft e cento altre, autentiche star nel nostro tempo, amazzoni sul sentiero delle immagini d’avanguardia, testimoni sensibili e accorate della vita del mondo. La fotografia, oltretutto – come scrive Italo Zannier in catalogo – ha liberato anche dalle difficoltà operative manuali, alcune lungamente considerate maschili, offrendosi innanzitutto come linguaggio astratto, concettuale, poetico. La rassegna presenta una significativa antologia di fotografie originali, eseguite da alcune tra le principali fotografe operanti tra ‘800 e ‘900, offrendo un panorama storico e linguistico dovuto alla colta attenzione di un collezionista veneziano che ne ha concesso l’esposizione al Fortuny, museo che ha esordito proprio con rassegne dedicate alla cultura della fotografia, alcune di memorabile rilievo internazionale. A cura di Italo Zannier; progetto espositivo di Daniela Ferretti.