Dalla padella fanfarona
alla brace maganzese
Una pretestuosa finta crisi di governo rispolvera vecchie parole
Ormai è fatta. Matteo Renzi è succeduto a Enrico Letta alla guida del governo, con conseguente rimpasto. Come le ciliege, un giovanotto tira l’altro: e alla felpatissima curialissima vacuità di un finto giovane si passa alla spiccia velocità irruente di un giovane finto: una riforma al mese. Le zie di una volta (che non ci sono più) usavano alcune meravigliose parole che ci piace tirar fuori ora, in questo momento falsamente cruciale delle sorti della nazione, che a nostro modesto e inutile parere si attagliano molto bene all’uno e all’altro.
Del primo, posticciamente caduto in disgrazia dopo esser stato posticciamente assurto alla gloria, potremmo dire senza ombra di smentita (da parte delle nostre care zie) che ci è parso tanto un fanfarone. Tante belle parole da pubblicità e progresso, che alla fine non sono neanche pubblicità né tanto meno progresso, vista la situazione generale.
Del secondo le nostre care vecchie zie avrebbero usato senza dubbio la vetusta lentissima parola (quasi a sottolineare con un velato ossimoro il loro morbido e pacato disprezzo): maganzese. Nel senso, ovviamente, edulcorato da secoli di vulgata fantasiosa che dalla rotta di Roncisvalle giungeva fino ai loro salottini aulenti di cipria, con comò rococò e bicchierini di rosolio (e confetti di liquirizia alla violetta), di persona ben poco affidabile.
Insomma, alla fine, il passaggio delle consegne tra i due giovani — già vecchi d’esperienza di politica italica — il risultato è palese: il capo dei ministri del governo italiano è stato deciso all’interno del partito democratico (sottolineiamo democratico) con oscure dinamiche interne cui non è seconda l’ambizione personale. Nel caso del primo giovane, sotto la spinta della dichiarata necessità cogente impellente inderogabile di fare subito il governo e le riforme; nel caso del secondo giovane, sotto la spinta della dichiarata necessità cogente impellente inderogabile di fare subito il governo e le riforme.
Non è un errore: le frasi sono identiche, copiate e incollate. Perché queste sono le motivazioni che ufficialmente spingono al cambio di capo di governo e al rimpasto conseguente (sul quale sorvoliamo per decenza).
Il cambio, inoltre, è convenuto ad entrambi. All’uscente, così non è stato né mai sarà costretto a render conto della sua vanagloriosa inettitudine e felpatissima lentezza (anzi, una claque affettuosa gli ha donato un patetico ritorno di simpatia); al secondo, così ha coronato la sua velocissima e cinguettante ascesa al potere; e se non riuscirà a combinare granché (nemmeno con il rimpasto sul quale sorvoliamo per decenza) potrà sempre dare la colpa ai predecessori, alla vecchiezza degli altri, a qualsiasi altra cosa… L’unica cosa che dispiace è che né l’uno né l’altro correranno mai così il rischio di mostrarsi per quello che sono.
Nota finale. Il rapporto Istat da poco sfornato sostiene che solo il quaranta per cento degli italiani legge dei libri (per libri gli statistici considerano tutti i volumi di pagine rilegate, quindi anche i manuali del condizionatore se sufficientemente grosso) e che solo il sessanta per cento naviga su internet. Felici di far parte di un’inutile colta minoranza che comprende i nostri cari lettori, ecco l’etimologia. Fanfaróne, dallo spagnolo fanfarrón derivato, attraverso un incrocio con altre voci, dall’arabo farfār «loquace, leggero, incostante», probabilmente attraverso il francese fanfaron. Maganzese si riferisce alla ormai ignota figura di Gano di Maganza, il paladino del re Carlo Magno e padrino di Orlando, che svela ai Saraceni il modo di assalire di sorpresa e a tradimento la retroguardia dei Franchi di ritorno dalla Spagna, causando la disfatta di Roncisvalle con conseguente morte di tutti e specialmente di Orlando; per colpa del tradimento di Gano — poi punito: squartato bruciato e disseminato al vento — per secoli i maganzesi (abitanti di Magonza, detta un tempo Maganza, oggi Mainz in Germania) furono calunniosamente tacciati di inaffidabilità. ★