Contro le manifestazioni
di massa a Venezia

S’avanza la primavera e a questa martoriata città mal governata mal vissuta mal amata vittima di milioni di mal vestiti turisti a mal mercato mal educati s’infligge da adesso fino a settembre l’orrenda piaga delle manifestazioni di massa quasi sportive quasi politiche quasi di buona volontà.

Ogni domenica o quasi migliaia di pellegrini in tuta, più o meno pelosi e più o meno sudati più o meno maschi femmine più o meno adulti e bambini più o meno asciutti e bagnati, si riversano mal volentieri in una città dove invece dovrebbero venire per ben altri motivi che la sgambata del ragioniere.

Quest’aria da sacrestia d’altri tempi, da gita della parrocchietta, da scampagnata premio per militi meritevoli, colazione al sacco, alzate la mano chi vuole il caffellatte, da questa parte, cartellino sul petto, fazzoletto o numero, questo sbraco autorizzato della tuta sportiva e le scarpe da ginnastica, dei punti ristoro transennati, e taniche di bevande immonde, bottigliette e bicchieri e sacchetti di plastica e teli di nailon, quest’aria del provvisorio e del volontariato e del politico che siamo qui per una buona causa.

Masse informi irregimentate che vagano nella città come se vagassero nei parcheggi dei centri commerciali di una qualsiasi periferia di terraferma. Di che si accorgono mentre vagano tra edifici ignoti, in una storia sconosciuta, sotto la pioggia dei secoli e delle nubi? Cosa cambierebbe ai maratoneti delle innumerevoli buone cause se invece scarpinassero lungo i cavalcavia, attorno alle giratorie, traverso i sottopassaggi, su e giù per passaggi a livello, dentro e fuori degli svincoli, sulle massicciate e sulle carreggiate del presente.

Nulla.

Non cambierebbe un serafico nulla.

Sarebbero anche più contenti, perché Venezia stanca. Con tutti questi ponti e tutta quest’acqua e tutta questa storia e tutta quest’arte e tutta questa gente e tutta questa strada e tutti questi stronzi di veneziani.

E non è perché lo sport non ci piaccia, e non ci piace; e non è perché le buone cause non ci piacciano; e non ci piacciono; e non è che la politica degli altri non ci piace, perché proprio non ci piace.

È perché sono manifestazioni umanamente miserabili da vedere e umanamente miserabili da fare, nella regressione della scolaresca organizzata dalle maestrine svogliate, del plotoncino da centro addestramento reclute aizzato dal caporalino istruttore malumorato, del convegno per operatori sponsorizzato dalla multinazionale malintenzionata, del corteo megafonato dal caporione di sezione. Corpi e cervelli all’ammasso maltrattati senza scopo e controvoglia.

Cosa mai compreranno questi podisti della domenica guidati al prossimo punto di rifocillamento organizzato? Quale industria turistica possono sostenere famigliole coatte alla buona causa di turno? Cosa mai resterà loro di questa città che hanno attraversato per altri ignoti pure a loro motivi? Ha senso unire anch’essi all’oceano dei croceristi dei convegnisti dei turisti? Non bastano già codesti?

Mah.

Se solo un poco amate Venezia, se solo un poco amate ancora voi stessi, o avete ancora un po’ d’orgoglio, d’amor proprio, d’egoismo: domenica state a casa. ★

Contro le manifestazioni di massa a Venezia