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Bentornato Alex

Tutte le opinioni, anche le peggiori, dovrebbero essere lecite, se espresse civilmente (vale a dire senza offese), in Paesi considerati democratici in quanto garanti di ogni libertà. Perciò è sbagliato insultare il ventitreenne Gianmarco Tamberi, campione del mondo di salto in alto, per quello che ha scritto riguardo al marciatore trentunenne Alex Schwazer, campione olimpico della cinquanta chilometri di marcia nel 2008 a Pechino, che torna alle gare, e forse alla Nazionale, dopo una squalifica di tre anni e nove mesi per doping.

Roberto Bianchin

Tamberi, riferendosi a Schwazer, ha scritto sulla pagina Facebook degli azzurri: «Vergogna d’Italia, squalificatelo a vita, la nostra forza è essere puliti, non lo vogliamo in Nazionale». Parole dure, chiare, che il saltatore, richiesto di smentire dalla Gazzetta dello Sport, ha invece confermato: «Sono frasi che covavo da tempo, oggi mi è venuto di scriverle».

Come chiunque, anche il saltatore in alto, può naturalmente dire ciò che vuole. Ma il fatto che possa dire ciò che vuole, non significa che quello che dice sia giusto, e soprattutto che debba essere accettato e condiviso da tutti. Per esempio, a nostro avviso, quello che ha detto è profondamente, tremendamente sbagliato. Ed è giusto che qualcuno gli dica che ha sbagliato.

Sarà che è un ragazzo giovane (ventitré, appena), e la vita deve ancora conoscerla e soffrirla. Ma Tamberi ha sbagliato tutto. Perché Schwazer, che tra l’altro ha ammesso il suo sbaglio e la sua colpa, ha scontato (per intero e senza sconti) la condanna che gli è stata inflitta. Quindi oggi ha tutto il diritto, non solo di venire rispettato, ma anche di tornare a marciare, a fare delle gare, e anche a rivestire a pieno titolo la maglia della Nazionale, se verrà convocato.

Non capire questo fatto elementare, significa soffrire di qualche problema. Primo fra tutti, quello di una cattiva educazione, e conseguentemente di una pessima cultura e di un grado basso di civiltà. Sia come atleta che come uomo. Perché è grave (e può anche essere pericoloso), non capire che quando un uomo ha scontato la pena che la società gli ha inflitto, torna a tutti gli effetti nel pieno possesso di ogni sua facoltà. La vergogna di cui parla Tamberi (giusto, il doping), è stata lavata via dall’espiazione della condanna. Giustizia, perciò, è stata fatta. Non si deve più chiedere niente a Schwazer, il conto lo ha pagato.

Possiamo poi discutere all’infinito se la pena che la giustizia sportiva gli ha inflitto (tre anni e nove mesi, appunto, per positività all’Epo), sia stata troppo morbida, troppo severa, o magari invece appropriata. Questione di opinioni. Sono tutte lecite, anche qui. Ma le sentenze vanno rispettate, sempre, sia quando ci paiono allegre che quando ci sembrano severe. Questo gli hanno dato e questo lui ha scontato. Questo il punto. Squalificarlo a vita? Per carità, è un’altra opinione. Che però non tiene conto che una squalifica di quasi quattro anni, per un atleta la cui carriera ad alti livelli ne dura al massimo una decina, se sei fortunato, equivale già a un mezzo ergastolo.

Poi ci sono le motivazioni umane, anche se magari a un ragazzo di ventitré anni non interessano. Però ci sono. Con la storia del doping Schwazer ha perso tutto: il lavoro, le corse, la Nazionale, lo stipendio, l’onore, il prestigio, la fidanzata, i soldi degli sponsor. Per mantenersi ha fatto il cameriere in una pizzeria di Innsbruck. Poi ha deciso di riprovarci. Di tornare a marciare. Senza più doping stavolta. E lo ha fatto affidandosi a un allenatore come il sessantanovenne Sandro Donati che ha fatto della lotta al doping una ragione di vita.

Se non altro, Schwazer merita rispetto. Non certo l’ipocrita presa di distanza del direttore sportivo degli Azzurri dell’atletica, il sessantaquattrenne Massimo Magnani, che tra Tamberi e Schwazer ha detto, sulle pagine della Gazzetta, di non schierarsi «né dall’una né dall’altra parte». Sbaglia. Perché quelle di Tamberi sono parole ingiuste, sbagliate e poco civili. Schwazer invece stavolta non ha detto e fatto nulla di sbagliato.

Per questo io sto con Schwazer, senza se e senza ma. E su qualunque strada tornerà a marciare, con o senza la maglia azzurra addosso, farò il tifo per lui. Bentornato Alex.★

LA PAGELLA

Gianmarco Tamberi, Massimo Magnani: voto 4
Alex Schwazer, Sandro Donati: voto 8

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Ven, 04/01/2016 - 12:00
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