Basta acque alte
ci avete stufato
Cronache avvelenate del maltempo
A Venezia si è registrata, con 156 centimetri, la quarta marea più alta della storia. Eppure i grandi media nazionali l’hanno allegramente snobbata. Corriere e Repubblica hanno dedicato al fatto appena una riga in un pastone, Repubblica neanche una foto. Queste storie, sempre uguali, ripetitive, hanno stancato. Come ha stufato quella del Mose, il grande sistema di dighe mobili che avrebbe dovuto proteggere la città dalle mareggiate e invece non è mai entrato in funzione. Arrangiatevi, affondate, basta che fate divertire i turisti. Le opinioni controcorrente di Arrigo Cipriani e di Massimo Cacciari.
VENEZIA – Provoca un’insopprimibile sensazione di nausea, di stanchezza, di già visto e sentito mille volte, leggere e rileggere per l’ennesima volta le cronache –sempre uguali, sempre banali, sempre retoriche, quasi mai originali- dell’acqua alta a Venezia.
Com’è accaduto in questi giorni in cui il maltempo ha imperversato sull’Italia, dove ha fatto peraltro dodici vittime. A Venezia, in compenso, nessuna. Del resto non vi erano stati morti annegati (tranne quattro sventurati scivolati per le scale o colpiti da infarto), neanche nella tragica alluvione del 4 novembre 1966, la famosa “acqua granda”.
Sarà per questo che i grandi media nazionali, che pure hanno dedicato paginate al maltempo sul belpaese, hanno allegramente snobbato quest’ultima acqua alta veneziana, che pure è stata, con i suoi cento e cinquantasei centimetri, la quarta più alta della storia (nel ’66 era stata di cento e novantaquattro).
La Repubblica non ha dedicato nemmeno un articolo –neanche un trafiletto- ai piedi bagnati della città che fu Serenissima. Se l’è cavata con appena due righe due dentro un pastone (“Venezia si è trovata immersa in un’alta marea che ha raggiunto i 156 centimetri sommergendone il 75 per cento del suolo”), e nemmeno una foto: hanno stancato anche quelle.
Il Corriere della Sera invece una foto l’ha messa (le cosce a bagno di una bella ragazza, peraltro), e se l’è cavata anche lui con una riga in un pastone: “Acqua alta eccezionale si è avuta a Venezia, dove la marea ha raggiunto i 156 centimetri”. Tutto qua. Può bastare.
L’acqua alta a Venezia, insomma, ha stancato e non fa più notizia. Come ha stancato la storiaccia del Mose, il grande sistema di barriere mobili che avrebbe dovuto metterla al riparo dalle mareggiate, e invece è lì affondato, mezzo rotto e arrugginito, ancora da finire, travolto dalle polemiche, dagli scandali e dalle tangenti. Anche questa storia che dura da troppi anni ha stufato.
Arrangiatevi, affondate. Basta che fate divertire i trenta milioni e passa di turisti che massacrano la città. Veneland. Acqualand.
Del resto, ha ragione Arrigo Cipriani, il celebre patron dell’Harry’s Bar, una delle ormai rarissime menti lucide rimaste in città: in fondo non è successo niente. Un po’ di disagi e qualche danno, l’acqua alta c’è sempre stata. Lui il locale l’ha tenuto aperto lo stesso. “L’acqua come sale se ne va, non fa grandi danni”, ha detto a Roberta Brunetti de “Il Gazzettino”. “Quanto avrà fatto di danni questa giornata? Un milione, due milioni a farla grande. Per il Mose ne abbiamo spesi seimila di milioni. Siamo stati truffati da questa grande opera che non metteranno mai in funzione”.
Come aveva ragione Massimo Cacciari, alcuni anni fa, quand’era Sindaco, anche lui da sempre ostile al Mose: “C’è l’acqua alta? Mettete gli stivali”.
Veneland, Aqualand, Venaqualand. Basta che la giostra giri.
LA PAGELLA
Arrigo Cipriani. Voto: 9
Massimo Cacciari. Voto: 9