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L’incredibile caso della spiaggia mussoliniana

A dare scandalo, più ancora dei cartelli fascisti, nella grottesca vicenda dello stabilimento balneare di Sottomarina di Chioggia dedicato al Duce, è l’atteggiamento della popolazione e delle autorità. Quei cartelli erano lì da due anni e nessuno si era mai lamentato. Tantomeno indignato. Anche adesso è un trionfo di ipocrisia. Dal Prefetto che fa rimuovere i cartelli per timore di reazioni anziché per apologia del fascismo, al Sindaco che non ritiene vi siano motivazioni sufficienti per procedere alla revoca della concessione dello stabilimento. Una vergogna nazionale.

Quelli che conoscono la città di Chioggia sanno benissimo che Chioggia non è una città dell’Italia del Nord. Probabilmente non è neppure una città dell’Italia. Quelli che conoscono la città di Chioggia sanno benissimo che Chioggia, borgo peraltro delizioso e pittoresco, è una bizzarra repubblica autonoma, abitata da una particolare razza autoctona, diversa da tutte le altre, che parla una lingua che solo lei conosce e comprende.

Solo partendo da queste premesse si può tentare di capire quanto sta succedendo in questi giorni intorno alla spiaggia fascista di “Punta Canna” sul litorale di Sottomarina, dove a fare scandalo, più ancora dei cartelli fascisti (l’Italia è un Paese ancora pieno zeppo di fascisti), è il fatto che quei cartelli fossero lì da un paio d’anni senza che nessuno se ne preoccupasse e si sentisse in dovere di intervenire (le prime segnalazioni su Internet risalgono al 2015).

L’impressione è che, vuoi per ignoranza, o vuoi per altri motivi, nessuno capisca la gravità del fatto. E nessuno comprenda che fare l’apologia del fascismo, oltre che una cosa orribile per quello che il fascismo ha significato, è anche un reato penale. Primo fra tutti -ma è logico- il titolare della spiaggia fascista, Gianni Scarpa. Un poveraccio, a vederlo e a sentirlo. Uno che cinque anni fa voleva arruolarsi nel partito di Grillo (gli scrisse dicendo che avrebbe portato in dote diecimila voti), e che ora dice che non ha problemi a togliere quei cartelli, “se disturbano”. Non è che disturbano, vecchio camerata grillino. E’ che proprio non si può. Qualcuno dovrebbe spiegarglielo.

Così come qualcuno dovrebbe anche spiegare al prefetto di Venezia Carlo Boffi, che peraltro ha avuto il merito di intervenire prontamente dopo il reportage dell’ottimo Paolo Berizzi su Repubblica , ordinando la rimozione dei cartelli, che la decisione andava presa proprio per l’apologia del fascismo (leggi Scelba e Mannino), anziché per il timore di “reazioni anche violente” dell’opinione pubblica (regio decreto del 1931, epoca fascista). I cartelli stavano lì da due anni e non c’è stata mai alcuna reazione, tantomeno violenta. I fascistoni tatuati del “Punta Canna” se la ridevano allegramente.

Ma il peggio l’ha dato il sindaco di Chioggia, tale Alessandro Ferro, dei Cinque Stelle (ohibò), che con una faccia di bronzo piuttosto rara non solo sostiene che non sapeva nulla della spiaggia fascista (invece nota a tutti nel borgo), ma adesso che sa tutto, e a dispetto dell’intervento del prefetto, non ha ancora preso alcun provvedimento. Come ad esempio, la revoca della concessione della spiaggia –il minimo che poteva fare- che spetta per l’appunto all’amministrazione comunale e a nessun altro. Da far cadere le braccia la risposta data dal sindaco al quotidiano locale “Il Gazzettino” : “La revoca della concessione deve essere motivata”. Come se di motivi, nel caso in questione, non ne avesse abbastanza. Che cosa aspetta, la marcia su Roma?

Ma il punto più alto (pardon, più basso) del suo affannoso dire, l’improponibile primo cittadino chioggiotto lo raggiunge quando, sempre al giornalista Fulvio Fenzo de “Il Gazzettino”, confida di essere rimasto “sconcertato dall’impatto mediatico di questa vicenda a livello locale e nazionale”, e chiede ai giornali di dare lo stesso rilievo per altre questioni aperte sul territorio, come il deposito di gpl in costruzione.

Qui possiamo essere noi di aiuto all’imbarazzo del sindaco, spiegandogli una cosina piccola piccola ma molto semplice, e anche facile da capire: e cioè che la spiaggia fascista fa notizia, il deposito di gpl, no. Elementare, n’est pas?

Quello che non è elementare, come argomenta (benissimo, come al solito) Michele Serra nella sua rubrica “L’Amaca” su Repubblica, è che nessuno, prima della denuncia di un giornale, abbia mai sollevato il problema. “Essendo molto improbabile che quella spiaggia così vistosamente consacrata al Duce, fosse frequentata da soli camerati –scrive- se ne deve dedurre, tristemente, che in moltissimi, non fascisti, ci sono passati, ma nessuno ha trovato qualcosa da ridire. Lo avranno giudicato folklore, o una scelta personale del gestore”.

Il fatto è che l’antifascismo in Italia, secondo Serra, è stato un fenomeno di minoranza anche in piena democrazia. Appannaggio delle élite culturali borghesi (dio le abbia in gloria) e dei social comunisti, Gobetti, i Rosselli, Pci e Psi, qualche cattolico democratico e poco altro. “Ha retto per settant’anni, e con il senno di poi è quasi un miracolo. La nuova opposizione grillina assiste al fenomeno come se non la riguardasse. E’ la post-democrazia che avanza”.

LA PAGELLA

Gianni Scarpa: voto 2
Carlo Boffi: voto 5
Alessandro Ferro: voto 3
Paolo Berizzi: voto 7
Michele Serra: voto 8

Una caricatura del Duce (fonte: Grafica Nera).

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