Albe nuove
per Albè

Per la serie: a volte ritornano

L’incredibile vicenda del Ferguson di Gorgonzola (inteso come paese), l’allenatore di calcio della Giana (serie C) Cesare Albè, richiamato in panchina alla soglia dei settant’anni per salvare la squadra ultima in classifica, dopo che l’anno scorso si era volontariamente pensionato per raggiunti limiti di età, avendo trascorso la bellezza di ventiquattro anni su quella stessa panchina, dai dilettanti ai professionisti. Un record secondo solo a quello del leggendario Sir Alex Ferguson, ventisette anni alla guida del Manchester United. Anche il proprietario della Giana, l’ultraottantenne Oreste Bamonte, principe delle mozzarelle di Battipaglia, al timone della società da più di trent’anni.

Dici Giana e pensi Albè. Perché è così da un quarto di secolo e quindi ti viene automatico. Come è automatico che non vi possa essere Giana senza Albè.

Per chi non segue il calcio, perché è di calcio che stiamo parlando, bisogna spiegare: Giana, anzi la Giana, è una squadra di calcio che milita nel campionato italiano di serie C, girone A (quello settentrionale), e Albè, Cesare Albè, detto il Ferguson di Gorgonzola, è il suo allenatore da ventiquattro anni. No, non è un errore, avete letto bene: ventiquattro anni consecutivi sulla stessa panca. Un record secondo solo a quello di Sir Alex, 27 stagioni al Manchester United.

E allora? Allora, gli appassionati (ce ne sono, ce ne sono, compreso chi scrive), che tutti i lunedì mattina si dilettano nella lettura dei tabellini di tutte le partite (tutte) di tutti i campionati (tutti) sulla Gazzetta dello Sport, non credevano ai loro occhi all’inizio di questo stagione nel vedere un altro nome sulla panchina della Giana al posto di quello di Albè. E ogni lunedì riandavano a controllare confidando si fosse trattato di un errore, nella segreta speranza di veder tornare un giorno in panca Albè come per magia.

Ebbene, quel giorno, che nemmeno lo stesso Albè ormai si aspettava più, è arrivato. Dopo 7 giornate di campionato, con la Giana ultima in classifica sola soletta, appena 2 punticini nel magro carniere frutto di 2 pareggi e 5 sconfitte, la miseria di 4 gol fatti e il disastro di 17 subiti. Difficile fare peggio. Così la società non ha potuto fare altro che esonerare il tecnico Riccardo Maspero, 49 anni, che fu un talentuoso centrocampista (molti anni alla Cremonese), in serie A e B. E fin qui ci sta.

Quello che sorprende è che ha richiamato in panca il “vecchio” Albè (70 anni a febbraio), di cui non risulta alcun passato da giocatore, e che l’anno scorso si era volontariamente pensionato per raggiunti limiti di età: “E’ come se andassi in panchina con i miei nipoti”.

Albè ha accettato per amore ed è tornato in campo con l’entusiasmo di un ragazzino. Perché la sua storia con la Giana è un’infinita storia d’amore. Già la squadra è bizzarra nel nome, che tanti non capiscono che nome è e di che città è. Meglio spiegare, anche qui: la Giana, colori biancazzurri, un leone rampante nello stemma, è la squadra di Gorgonzola, un paesotto di ventimila anime alle porte di Milano, che porta il nome di un formaggio perché a quel formaggio ha dato il nome. Almeno così raccontano da quelle parti. Ed è l’unica squadra che porta il nome di una persona: Erminio Giana, un ragazzo di 19 anni di Gorgonzola, sottotenente del quarto reggimento del battaglione alpino “Aosta”, caduto sul monte Zugna, fra Trento e Vicenza, durante la prima guerra mondiale. Fu decorato con la medaglia d’argento al valor militare.

La squadra, che da più di trent’anni è di proprietà di un imprenditore di 83 anni salito al Nord da Battipaglia, Oreste Bamonte, il principe della mozzarella, titolare del pregiato Caseificio Salernitano, gioca in un piccolo stadio da tremila posti. Più che sufficienti: all’ultima partita casalinga, il 29 settembre scorso (sconfitta per 3-1 contro il Pontedera), c’erano 152 spettatori paganti in aggiunta ai 265 eroici abbonati.

Tratto genuino, spontaneo, faccione da buono, Cesarone Albè continua a dare del lei al presidente anche dopo ventiquattro anni. Arrivò alla Giana nel 1995, e da allora non se n’è più andato. “Anche se litighiamo quasi ogni sabato, è come se fossimo sposati –racconta- una volta gli ho detto: “Basta, Presidente! Lei ha bisogno di un’amante!”. Era stato chiamato dopo i primi successi con la squadretta dell’oratorio, la “Pierino Ghezzi” (era il 1980 e l’incarico glielo aveva dato il parroco), e la piccola impresa di portare la squadra del suo paese, il Cassano d’Adda, dalla prima categoria dilettanti alla serie D, giocando sempre con il suo metodo preferito, un semplice e classicissimo 4-4-2. Senza distrazioni.

Tipo bizzarro, questo Albè (non parliamo di Bamonte…). Anche se allena da anni nei professionisti, non ha mai voluto diventare professionista. Ha sempre lavorato. Cioè, oltre ad allenare, anche in serie C (campionato popolato da fior di professionisti ben pagati), ha sempre fatto un altro lavoro. Impiegato alla Siemens. E ha sempre guadagnato pochissimo (da allenatore). Adesso che è in pensione (dall’azienda), va ancora peggio. Dalla Giana guadagna 1.040 euro al mese (no, non è un errore, avete letto bene, mille e quaranta euro al mese, contro 1 milione di Antonio Conte all’Inter), “e cumulando le pensione di impiegato ci perdo perché finisco per pagare più tasse. Mia moglie mi vorrebbe uccidere”.

Quando portò per la prima volta la Giana in serie C, non voleva nemmeno fare il corso allenatori per poter lavorare con i professionisti. “Un po’ mi vergognavo. Avevo 64 anni, cosa mi metto a fare il corso insieme a dei ragazzi? Molti di loro poi erano nomi famosi, famosissimi. Io non ero nessuno. Alla fine mi sono deciso e l’ho fatto. Mi è stato molto vicino Rino Gattuso, una persona davvero speciale, poi è venuto anche a vedere qualche partita. Mi rincuorò: sai, anch’io mi disse, mi vergognai la prima volta in cui entrai nello spogliatoio del Milan con tutti quei campioni”…

Albè alla Giana è quasi tutto. Allenatore, vice presidente, e anche direttore sportivo. “Mai avuto un direttore sportivo in tanti anni. I giocatori me li sono sempre scelti da solo”.
Molte promozioni in carriera, ma anche tre retrocessioni. E però nessun esonero mai. “E’ questo il mio cruccio. Se non sei mai stato esonerato vuol dire che non sei nessuno, così si dice in questo ambiente. Per questo a volte ho sperato di essere cacciato”.

Bentornato Albè. Questo calcio (ma non solo) ha bisogno di uomini così.

LA PAGELLA

Cesare Albè. Voto: 8,5
Oreste Bamonte. Voto: 8,5
Erminio Giana. Voto: 8,5
Caseificio Salernitano. Voto: 8,5

Cesare Albè, allenatore della Giana (fonte: cremaonline).,…

Albe nuove per Albè