Statue e controstatue

Ma possibile che non se ne siano accorti?

Avete tempo? No, ve lo chiedo perché oggi il Venerdì fa un giro tutto largo e parte dalla Bragora per arrivare a Santo Sfefano e passando per il Michigan. Anche no. Infatti ieri, che era il Primo Maggio, io (Andrea Silvestri) e il Mauri (Maurizio Vianello, economo in pensione) per festeggiare siamo andati a bere gli spritz da un’altra parte. E, sebbene io non abbia mai lavorato più di sei ore (e solo per sei ore, una volta) in tutta la mia vita; e il Mauri invece no, che ha lavorato, solo che è in pensione da così tanti anni che non si ricorda neanche come che si fa; abbiamo festeggiato lo stesso i lavoratori, per solidarietà, ecco.

VENEZIA — Insomma così diciamo: che siamo arrivati in campo Santo Stefano, che poi adesso si dovrebbe dire Campo Francesco Morosini (detto il Peloponnesiaco, doge ed eroe della Repubblica. E adesso tirate il fiato perché saltiamo subito in una delle due giganti penisole del Michigan, che è uno stato degli Stati Uniti, e andiamo difilato e solo nella piccola Adrian (che deve il suo nome guarda te proprio all’imperatore romano Publio Elio Traiano Adriano, quello del vallo; e che invece prima si chiamava Logan, chissà chi era). Ebbene, gli abitanti di Adrian si sono così tanto risentiti di una statua che gli avevano messo in piazza, che dopo averne mimato la postura e aver sollevato un putiferio, sono riusciti a farla togliere dalla pubblica vista.

Sembra che né l’artista, né i committenti si fossero accorti dell’equivocabilità della plastica raffigurazione: e infatti si sono detti entrambi (cioè l’artista e i committenti, che sono più di due, ma non importa) esterrefatti della reazione degli abitanti residenti. In effetti, come dare loro (ai cittadini residenti) torto? I sei — anzi sette — bipedi umani raffigurati nell’opera (tutti di sesso indefinito) sono colti in un plastico quasi groviglio che, come che il Mauri sostiene, sembra tratto proprio da uno dei tanti siti internet per adulti che mi affretto sempre a cambiare pagina quando entra mia moglie in studio, e li sostituisco invece al posto con il dizionario di una notissima casa editrice di famosissime enciclopedie.

L’artista, Mark Chatterley, quando che ha realizzato la scultura (Blue Human Condition ma gli adrianesi la chiamavano semplicemente la statua dell’orgia) si era prefisso e anche no, di esprimere l’importanza dell’unità tra gli esseri umani. L’intento era infatti lodevole. Ma né egli (l’artista) che pure avrà fatto degli schizzi preparatori, dei bozzetti e altro, e poi ha anche scolpito sette figure umanoidi di grande dimensione una dopo l’altra — non è cosa che si possa fare un breve tempo, almeno io e il Mauri ci metteremmo dei mesi — neanche durante tutto questo lavoro si è accorto di niente. E così di niente si sono accorti i committenti, che saranno stati più di uno, e che avranno pure seguito il processo creativo passo passo.

È lo stesso che ieri io e il Mauri ci chiedevamo, mentre tra torme di turisti accaldati, scrutavamo impassibili il monumento che i veneziani dell’ottocento dedicarono a Niccolò Tommaseo, che peraltro, oltre ad essere un grandissimo studioso, un grande erudito, un patriota veneziano, un dotto letterato, un vocabolarista di immane levatura, era anche veneziano molto legato alle tradizioni popolari e, come che dicono, anche dotato di un certo spirito: «Ma possibile — diceva proprio il Mauri — ma possibile che questa cazzuola di scultore non si sia accorto di cosa stava facendo?»

E infatti, lo statuone opera di Francesco Barzaghi (pomposo scultore di re imperatori e vecchi tromboni barbuti), che torreggia pensoso nel bel mezzo del campo dove una volta si facevano le cacce ai tori, decisamente e terrificantemente — se lo guardate da tutti i lati tranne che davanti, che lo vedono meno persone (non solo un quarto, ma di meno, dato che tutti vanno nelle altre direzioni, invece che venirgli in fronte, al Tommaseo) — insomma se lo guardate, ecco che tutti quei libri che gli escono dal didietro e si impilano per terra al disotto e posteriormente del pastrano ottocentesco che il povero Niccolò (di Sebenico) è costretto a portare per altri molti secoli; ecco che tutti i libri gli valsero (al Tommaseo, non a Barzaghi) l’epiteto appunto di cagalibri.

E la domanda è sempre quella: «Ma possibile che non si siano accorti di niente?» Cioè voglio dire: scolpire uno statuone così, e fare anche tutti quei libroni, sarà passato un sacco di ore di martellate e scalpellate. E tutti i sindaci e i promotori che volevano immortalare un padre della repubblica (del 1848-1849) e della patria (italiana) e delle lettere (e anche dei libri e dei vocabolari) e che in più erano anche veneziani, non si sono accorti di niente. E lo hanno immortalato mentre che gli vengono fuori tutti i libri dal didietro.

Ma dài! Così io e il Mauri siamo andati a berci due o tre o anche quattro (ho perso il conto) spritz al bitter, che lì a Santo Stefano li fanno con il prosecco senza che glielo chiedi (non come Chang) e in più le mandorline sono buonissime. Intanto i turisti erano sempre di più e il servizio pubblico di trasporto lagunare era in grosse difficoltà perché con i veneziani ci riesce ancora a funzionare, ma con tutti questi turisti no. E anche questo sarebbe un argomento da analizzare, ma per me e il Mauri un venerdì alla volta è anche troppo. Salute!!!

La statua di Mark Chatterley, Blue Human Condition.

Statue e controstatue