Luisa Baccara
l’eterna amante
Breve ritratto dell’instancabile compagna d’amore di D’Annunzio
MILANO — «Cara piccola amica, vuol venire stasera con me a pranzo? Se consente, La prego di venire alla Casetta Rossa, con la veste d’argento e lo scialle bianco e nero». Cosi scriveva Gabriele D’Annunzio a Luisa Baccara, nel settembre 1919: si erano conosciuti un mese prima in casa di un’amica comune, Olga Levi Brunner, in occasione di un suo concerto.
A ventisei anni Luisa è la rivelazione del Conservatorio Benedetto Marcello, i giornali parlano di lei come di una pianista eccezionale, con una brillante carriera di concertista davanti a sé.
Lui, il Divino Immaginifico, il Vate, l’Eroe di Buccari e del Volo su Vienna, è alla vigilia della sua ultima impresa bellica: la conquista di Fiume.
Luisa, alta, snella, i capelli nerissimi con una piccola ciocca d’argento, il viso stretto —come scrive D’Annunzio — occhi ermetici, attira subito l’attenzione del poeta, sempre in cerca di amori esaltanti. È una pianista di grande sensibilità, canta anche, è la donna giusta per quel momento di eroismo e gloria. D’Annunzio, si sa, per le donne è un’autentica malattia, e Luisa, chiamata dall’ardente poeta Srnikrà (piccola in greco) ne diventa rapidamente la vittima e tale rimarrà per tutta la sua esistenza, anche dopo la morte di lui.
Lo seguirà prima a Fiume, dando lustro alla città appena conquistata dal poeta con i suoi concerti, poi a Gardone, dove divenne la Signora del Vittoriale. Gli sopravviverà per quarantasette anni, sempre discretamente in disparte, mantenendo il riserbo assoluto, fino al 1984, quando la Signora del Vittoriale partecipa alla rubrica televisiva Tam Tam. Ma anche in quell’occasione nessuna indiscrezione, nessun risentimento, solo ricordi di momenti belli e felici. Un anno dopo muore nel suo palazzo veneziano di San Polo (al civico 2705/9).
Strana creatura Luisa Baccara, dolce ed aggressiva allo stesso tempo, sola ed apparentemente debole, sembra fredda tanto da risultare antipatica ai più. Lei resiste con ostinazione all’onda di gelosie e rivalità che la sua presenza al Vittoriale provoca, dimostrando una forza tremenda che non la fece mai vacillare.
La sua fu una storia d’amore che molte donne sognano ogni giorno e che lei, Luisa Baccara, nata a Venezia, visse e pagò con calde lacrime. La testimoniano le mille settecento e ottanta lettere che il poeta le scrisse dal 1919 al 1938. Vista da fuori: la storia di un grande amore; vista da dentro: la storia di due grandi egoismi. E, alla fine, di sopportazione fatta di capelli bianchi, di anni che passano, di abitudini e di stanchezza. ★