L’immaginario dell’icononauta
Una nuova rivista: All’Archimede
Una nuova piccola deliziosissima rivista veneziana naviga nella rete: il geniale e infaticabile Carlo Montanaro, icononauta peritissimo nello studio dell’arte di fare proiettare vedere (e immaginare) le immagini (ferme e in movimento) ha da poco dato vita ad un’altra delle sue ammirevoli iniziative. La pubblicazione di All’Archimede, trimestrale di cui nel sito www.archiviocarlomontanaro.it trovate il primo (e secondo insieme) numero.
COSMOPOLI (l.c.)- Sono sessanta pagine da sfogliare sullo schermo, oppure anche da possedere in cartaceo scrivendo al sito del direttore. E raccontano di meraviglie: come le riproduzioni fotografiche della Raccolta di macchine, ed instrumenti d’ottica che si fabbricano in Venezia da Biagio Burlini occhialiaio sopra la Fondamenta dell’Osamarin all’insegna dell’Archimede; libro che ha impellentemente costretto Montanaro ad intraprendere l’edizione di questa nuova rivista.
Scrive Montanaro nell’editoriale: «È stato del tutto casuale l’incontro con Biagio Burlini ochialer […] l’idea di entrare in possesso, prima o poi, di questo libro del settecento è andata a collocarsi nell’angolino delle voglie […] lo sterminato luogo dove sono accatastate tutte le ipotesi di ritrovamento auspicate ed auspicabili. […] All’Archimede (la rivista che dalla bottega dell’ochialer prende il nome, ndr) proverà ad esaudire, una alla volta, le moltissime curiosità dell’angolino delle voglie, sperando ardentemente che le voglie di chi scrive, dei suoi soci, dei suoi collaboratori e dei suoi amici, possano diventare le voglie e quindi le curiosità di un vasto pubblico».
Biagio Burlini, costruttore di apparecchi ottici di tutti i tipi, vissuto a Venezia dal 1709 al 1771, sulla carta da involto della bottega in fondamenta dell’Osmarin aveva per insegna gli specchi ustori archimediani che la leggenda vuole sbaragliassero la flotta romana nell’assedio navale di Siracusa; più una panoplia di macchine ottiche, camere oscure, e lanterne magiche a far da contorno. Nel libro ci sono incisioni dettagliatissime dell’officina così com’era a metà del settecento (il libro fu edito per i tipi di Modesto Fenzo nel 1758) più formidabili illustrazioni di elegantissimi signori che manovrano canocchiali e strumenti portentosi.
Nelle altre pagine dell’imperdibile rivista, Montanaro e i suoi collaboratori inseguono nel presente gli oggetti usciti dalla bottega all’insegna dell’Archimede (tra cui un meraviglioso microscopio), riportandoli — come dire — alla luce. Concludono il percorso i moderni telescopi che Romano Zen costruisce a Venezia (a San Polo) dal 1977.
Scriveva Burlini: «Tra tutte le Arti, che oltre l’esser ed utili, e necessarie sono dilettevoli insieme, quando maneggiate siano da mani perite, l’Ottica può degnamente ponersi fra le migliori, come quella, che somministrò sempre validi mezzi allo scoprimento delle meraviglie della Natura».
E infatti le sessanta pagine del primo (e secondo) numero di All’Archimede ci conducono alla scoperta di meraviglie, oltre che dell’ottica, anche della storia.