La leggenda
dei falsi vogatori
Vita e opinioni di una barca veneziana in terraferma
Finalmente il sole!Me ne sono accorta subito, stamattina. L’acqua che mi culla aveva i riflessi dorati, scorreva placida sotto di me, le anatre sciavano silenziose e il salice che mi ombreggia, ora tutto rinverdito, allungava la sua ombra sul fiume. Sento, comunque, ancora un po’ umido, giù a sentina si è formata una pozzetta. La pioggia dei giorni scorsi e della notte appena trascorsa si è infiltrata nel cagnaro, nonostante mani esperte e rapide lo avessero spiegato e modellato in precedenza.
PADOVA – Cagnaro… tiemo… lo chiamano così il mantello che dovrebbe proteggermi dalle intemperie. Questo, più che un mantello, è uno strano manufatto, un misto di onduline bilanciate da bottiglie di plastica piene d’acqua. Un mantello originale, fatto in economia ma con amore.
Speriamo venga qualcuno, una mano che mi ripulisca, mi asciughi e magari abbia anche il tempo e la voglia di farmi fare un giro.
Barcheta va’
A secondon ch’el ciel te fa da padiglion *
Ho voglia di sgranchire i miei vecchi legni. Da quando sto qui, a Padova, mi sono un po’ impigrita. Un po’ di moto mi fa bene e poi questa città è tutta da scoprire. È tutto nuovo per me, abituata alla laguna, all’acqua salmastra, agli spazi aperti, un po’ selvaggi.
Mi dondolo sul Bacchiglione, antica via fluviale tra Vicenza e Padova, al Bassanello, antico borgo di barcaioli, dove entra il fiume, proprio sotto il ponte dei cavai. Non posso lamentarmi di questa collocazione. In qualche modo sento il legame con le mie origini veneziane. Con la costruzione delle mura veneziane, nel Cinquecento, il Bassanello divenne il porto di riferimento per il traffico fluviale. Qui sono arrivate tutte le navi cariche di merci dai colli e dal vicentino e il legname proveniente dal Brenta per lo smistamento:presto tutti i lavoratori coinvolti in questo processo si stabilirono nell’area golenale della Paltana, dando vita a un rione popolare e vivace. È tutto scritto in un libro, da una professoressa, un libro che si legge direttamente dal computer.**
Speriamo venga qualcuno… tendo la corda che mi lega al salice… in attesa dell’allegria che produce il trambusto che prelude alla vogata. Un rincorrersi di voci «…fissa le forcole… passa i remi… quello rosso no, non ci serve… hai portato il tappetino per la Pepi? La mettiamo a prua, come una polena il nostro can da burcio!… . i viveri in gavon con il nostro lambrusco… PRONTI?… Si parte… molla la corda.»
Dove si va? In città, per le riviere o su per il fiume, controcorrente?
Barcheta va’…
Sono proprio bella, elegante, sinuosa, oserei dire di classe. Alla mia forma slanciata sta proprio bene quest’abito bianco bordato di turchino… sembro una regina. Ore d’oblio, questo è il mio nome. Mi conoscono tutti qui intorno, non passo inosservata… penso di essere anche un po’ invidiata, poco solo però. Le altre barche mi fanno largo, si inchinano, qualcuna mi corteggia.
E sì, sono un barca veneziana, autentica, nata in laguna. È stata un’idea di Franco. Voleva una barca per portare a spasso la famiglia, la voleva capiente, sicura e stabile. Solo el pipa, Giuseppe Molin, poteva realizzarla. Così è venuto a Burano. Correva l’anno… non ve lo dico, una signora dabbene non svela mai l’età.
Molin mi ha fatto… bella! in mogano lucidissimo, con il ferro di prora in acciaio inox, con le placche per il foro delle forcole e i ferri di prora e di poppa fissati con le olive in ottone cromato. Franco era orgoglioso di me, mi ormeggiava sotto casa, sul Canal Grande e perché mi ammirassero ed io, che sono sempre stata vanitosa, nel dondolarmi, ancheggiavo. Sono stata la sua fedele compagna per tanto tempo, siamo stati a zonzo per la laguna e per i rii cittadini, io e lui, in silenzio… solo i remi increspavano l’acqua. Franco, da buon veneziano, amava anche la competizione e mi ha iscritto a diverse regatine cui abbiamo partecipato.
Poi il grande salto, la prima Vogalonga, manifestazione contro il moto ondoso. Un giorno all’anno in cui la laguna si riempie di barche rigorosamente non a motore. Anche in quell’occasione mi sono fatta notare, bella, giovane e meglio armata. Il mio mogano lucidissimo risaltava tra le onde della laguna. Negli anni, però, dovetti rinunciare al mogano, rovinato dal continuo moto ondoso. Franco mi dipinse di bianco e poi mi dovette plastificare e modificare l’assetto. Portò la voga a poppa su una pedana aggiunta tipo puparin per equilibrare il peso che con la plastificazione si era troppo appruato. Anche se avevo perso la mia linea elegante, non ho mai smesso di sentirmi il sandolotto buranello del pipa.
E con lo stesso orgoglio non sono mai mancata ad una Vogalonga, al fianco di Franco. Trentasei ne abbiamo fatte, trentasei anni in acqua salata, tra la laguna e il mare…
Varda che calma che se la luna
Se come un specio sto nostro mare
No ghè un bateo
Sulla laguna che tanta pase
Vien disturbar
Barcheta va’…
Per la la trentasettesima Vogalonga ho ospitato tre nuovi amici, due padovani e un veneziano che prontamente Franco ha messo ai remi; non mi sono preoccupata più di tanto, anzi ho cercato di metterli a proprio agio. Mi piaceva il loro entusiasmo, la voglia di fare bella figura nonostante la poca esperienza. Franco mi aveva già preannunciato che mi avrebbe consegnato a loro, che era con loro che avrei trascorso altri anni, in altre acque. Li ho guardati in viso, ho ascoltato i remi e sono scivolata sull’acqua. Ho capito.
Ero nelle mani dei famosi falsi vogatori. Ma questa è un’altra storia★
*canzone tradizionale veneziana
** Il giro di Padova e dintorni in 501 luoghi di Laura Organte, e-book