Fuori dal bando

Il Giappone non aderisce al trattato contro le armi nucleari

Il Giappone rimarrà fuori dal trattato delle Nazioni Unite per il bando delle armi nucleari. Lo ha annunciato il portavoce ufficiale del governo nipponico: «Riteniamo che, dato l’ambiente di sicurezza sempre più difficile che circonda il Giappone, sia appropriato compiere progressi costanti e realistici verso il disarmo nucleare mantenendo e rafforzando le nostre capacità di deterrenza per affrontare le minacce».

Le nazioni che hanno firmato il Trattato contro le armi nucleari (in giallo) e i cinquanta Paesi che lo hanno ratificato (in verde).

TOKYO — Nonostante la storica posizione contro le armi atomiche, pressato dalla piccola ma velenosissima minaccia della Corea del Nord e dalle posizioni sempre più aggressive della grande Cina, il governo giapponese sceglie di allinearsi con il potente alleato statunitense e non partecipare, assieme ad altre cinquanta nazioni, al bando delle armi nucleari proposto dalle Nazioni Unite e che dovrebbe entrare in vigore il prossimo gennaio.

«Il Giappone condivide l’obiettivo di questo trattato, l’abolizione delle armi nucleari — è la posizione ufficiale — ma poiché divergiamo sui modi per  affrontare la questione, non diventeremo firmatari».

Il trattato per la proibizione delle armi nucleari (detto anche per la proscrizione o per la messa al bando delle armi nucleari) è il primo trattato internazionale legalmente vincolante per la completa proibizione delle armi nucleari, rendendole illegali, in un percorso verso la loro completa eliminazione. È stato adottato da una conferenza delle Nazioni Unite il 7 luglio 2017, aperto alla firma a New York il 20 settembre 2017; entrerà in vigore il 22 gennaio 2021, ovvero novanta giorni dopo la ratifica di almeno cinquanta stati: obbiettivo raggiunto sabato 24 ottobre con l’adesione dell’Honduras.

Fino ad oggi ottantaquattro nazioni lo hanno firmato, e cinquanta lo hanno ratificato: nessuna nazione dotata di armi nucleari ha aderito. E molte altre importanti, tra cui anche l’Italia.

Essendo l’unico paese ad aver subito un attacco nucleare, il Giappone ha sempre cercato di presentarsi come leader negli sforzi internazionali per il disarmo nucleare e la non proliferazione. Ma il Paese dipende anche dall’ombrello nucleare degli Stati Uniti per proteggersi dalle minacce, compresi i missili nordcoreani, e ciò ha di fatto impedito di aderire, almeno per il momento, al divieto totale sulla produzione, l’uso e lo stoccaggio di armi nucleari.

Alla domanda se il Giappone fosse disposto a partecipare come osservatore, il portavoce del governo, Katsunobu Kato ha sottolineato la necessità di «un’attenta considerazione basata sulla posizione del Giappone».

La decisione deluderà moltissimo i sostenitori dell’adesione al trattato. I bombardamenti atomici statunitensi dell’agosto 1945 su Hiroshima e Nagasaki hanno ucciso circa 214mila persone (entro la fine di quell’anno) e i sopravvissuti e gli attivisti antinucleari avevano esortato il governo a firmare l’accordo, anche se soprattutto simbolico.

Tomihisa Taue, sindaco di Nagasaki, per esempio, ha sempre sostenuto che: «C’è solo una strada che Nagasaki sta seguendo, ed è quella che porta a realizzare un mondo senza armi nucleari». E Kunihiko Sakuma, settantasei anni, capo di un gruppo che sostiene i sopravvissuti ed egli stesso una delle vittime superstiti della bomba atomica, è fiducioso che il mondo si muova verso l’abolizione delle armi nucleari: «Non ci arrenderemo».

Giappone fuori dal bando