Le amicizie pericolose

Cina e Occidente: tradizioni contrastanti rendono altamente improbabile una vera amicizia

Al vertice del G7 del 2021, che si è tenuto in Cornovaglia, nell’Inghilterra occidentale, solo una persona ha avuto un ruolo di primo piano nelle conversazioni, ma non è stata mai presente agli incontri: il presidente cinese Xi Jinping.

Il presidente Xi Jinping (fonte: commons.wikimedia.org).

LONDRA – Buona parte delle deliberazioni del Gruppo dei Sette  riguardava lo sviluppo di un approccio condiviso alla Cina: il piano di spesa (sostenuto dagli Stati Uniti) dal goffo nome Build Back Better World (B3W, tipo: ricostruiamo un mondo migliore), ideato e progettato per rivaleggiare con la massiccia Belt and Road Initiative (BRI, da noi Nuova via della seta) della Cina.

Accordo condiviso anche sulle questioni della democrazia e dei diritti umani, con il comunicato conclusivo dell’incontro: «promuoveremo i nostri valori, anche invitando la Cina a rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali, soprattutto in relazione allo Xinjiang e a quei diritti, libertà e un alto grado di autonomia per Hong Kong sancito dalla Dichiarazione congiunta sino-britannica e dalla Legge fondamentale di Hong Kong».

Sulla scia del G7, i capi della Nato hanno intensificato la loro retorica e hanno nominato la Cina in un elenco di rischi per la sicurezza, affermando che «le ambizioni dichiarate dalla Cina e il comportamento assertivo presentano sfide sistemiche all’ordine internazionale basato sulle regole».

Come previsto, i funzionari cinesi hanno reagito accusando il G7 di manipolazione e la NATO di diffamare il  pacifico sviluppo cinese. Eppure, nei giorni precedenti le dichiarazioni del G7 e della Nato, Xi aveva esortato la Cina ad «allargare» il suo «cerchio di amici». Si potrebbe allargare il cerchio per includere tra gli amici i paesi del G7 e della NATO?

L’appello all’amicizia di Xi Jinping offre l’opportunità di esaminare la politica cinese sia a livello nazionale che internazionale. A prima vista suggerisce la possibilità di un riavvicinamento tra le ricche democrazie liberali rappresentate dal G7 e lo Stato autoritario cinese. Tuttavia, nonostante le apparenze di una richiesta di una relazione più stretta, c’è più di un modo di essere amici, e l’idea di Xi potrebbe essere in qualche modo diversa da quella che molti dei Paesi che partecipano al G7 potrebbero aspettarsi.

Per la maggior parte dei Paesi del G7, la comprensione di cosa potrebbe significare l’amicizia si basa su una tradizione di pensiero euro-americana che la intende come una relazione volontaria e reciproca tra pari. È importante sottolineare che in questa visione dell’amicizia, gli amici rimangono insieme nonostante — o anche a causa — delle loro differenze. In effetti, le differenze sono viste come produttive e migliorative dell’amicizia. Questa visione è esemplificata dall’aforisma di Plutarco che «non ho bisogno di un amico che cambia quando cambio io e annuisce quando annuisco; la mia ombra lo fa molto meglio». Gli amici sono in disaccordo in modo da rimanere amici e, se necessario, essere di nuovo in disaccordo in futuro.

Tuttavia, probabilmente questo non è il modo in cui Xi vede l’amicizia. La sua concezione potrebbe invece ricadere sulla tradizione confuciana, come spesso accade nel suo «grande ringiovanimento della nazione cinese» che include «l’amicizia» come uno dei suoi «valori socialisti fondamentali». Nella tradizione confuciana, la buona amicizia è modellata sulla gerarchia dei fratelli, maggiore e minore, nella famiglia tradizionale. In questo modello il più giovane – o minore – ha la possibilità di crescere emulando l’esempio positivo dell’amico maggiore, o superiore.

L’importanza dell’amico come esempio virtuoso da emulare è così forte che Confucio esorta ripetutamente nei Dialoghi: «Non avere per amico chi non è bravo come te». In questa tradizione, il superiore ha il dovere di curare e correggere l’inferiore nel processo di crescita morale, e l’inferiore è spinto ad ascoltare i consigli e le direttive del superiore.

Questa concezione dell’amicizia si riflette nelle relazioni politiche interne ed esterne della Cina. Internamente, il Partito Comunista Cinese (PCC) si trova al di sopra degli altri attori della società: coloro che si sbagliano vengono corretti e migliorati. Questo può essere visto in iniziative che vanno dalle campagne di educazione patriottica all’incarcerazione di massa nei campi sulla «nuova frontiera» della Cina, lo Xinjiang.

Eminenti intellettuali cinesi. come Zhao Tingyang, sostengono che il modo migliore per la Cina di «trasformare i nemici in amici» è dare l’esempio. L’invito all’amicizia di Xi è allo stesso tempo un invito allo Stato cinese a rappresentare meglio la Cina in una luce positiva. Tuttavia, ciò non significa che i metodi di coercizione siano fuori dai limiti se arriva il momento critico, come dimostrato nello Xinjiang, a Hong Kong e nel Mar Cinese Meridionale.

La Cina e le democrazie liberali possono essere amiche?

Alla luce di queste visioni dell’amicizia, che possibilità ci sono di riavvicinamento e amicizia tra le democrazie liberali e la Cina autoritaria? Il modello cinese suggerisce un modo di vivere in armonia con la Cina. I leader e i cittadini cinesi in genere non vedono la Cina come una minaccia per altri paesi, ma un amico generoso e colto. I leader cinesi hanno risposto al comunicato della NATO dicendo ai membri del Patto Atlantico di smettere di «promuovere» l’idea di una «minaccia cinese». Ma per le democrazie liberali, un’amicizia in cui il partner senior dirige le cose e il partner junior deve cambiare per essere più simile a lui non è il tipo di amicizia che desiderano, specialmente quando potrebbero essere scelti proprio come partner junior.

Al contrario, la tradizione anglo-europea di concepire l’amicizia enfatizza l’uguaglianza e la differenza cooperativa. Tuttavia, la retorica e le azioni provenienti dal G7 e dalla NATO sembrano lungi dall’estendere un’amicizia basata su un tale apprezzamento di una reale diversità e differenza di cultura, approccio e valori. In quanto club della stessa mentalità, vedono la Cina come una minaccia proprio perché possono solo concepire di essere in amicizia con «persone come noi». Gli amici possono essere diversi, ma solo all’interno di parametri liberaldemocratici.

Queste differenze significano che sia la Cina sia le democrazie liberali potrebbero essere per sempre estranee, bloccate in una competizione per la superiorità. Un’amicizia potrebbe comunque essere possibile tra la Cina e le democrazie liberali. Perché ciò accada, le democrazie liberali dovrebbero essere fedeli alle loro tradizioni di amicizia uguale ma diversa, consentendo una vera differenza. Sulla base delle proprie tradizioni, la Cina potrebbe però trovare comunque difficile accettare tale relazione.

Astrid H. M. NordinLau Chair of Chinese International Relations, King’s College London.

Graham M Smith – Associate Professor in Political Theory, University of Leeds.

 

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